Una taglia su Gheddafi, vivo o morto
A chi consegna il leader libico viene assicurata l’amnistia. Il Cnt ha anche offerto al colonnello l’uscita sicura dal Paese, se rinuncia alla sua leadership. La cattura o l’uccisione di Gheddafi è urgente per sbloccare i fondi libici governativi bloccati: almeno 168 miliardi di dollari. Gli Usa domanderanno all’Onu di sbloccare 1,5 milioni di dollari “per bisogni umanitari”. Ma Sudafrica e Unione africana frenano. I quattro giornalisti italiani rapiti ieri sono a Tripoli. Cauto ottimismo, ma anche qualche timore.
Bengasi (AsiaNews/Agenzie) – Il Consiglio nazionale di transizione (Cnt) ha annunciato di aver messo una taglia su Muhammar Gheddafi: chiunque lo consegna, vivo o morto, riceverà una taglia di 1,7 milioni di dollari (due milioni di dinari) e – se fa parte dell’entourage del leader – anche l’amnistia per i suoi crimini.
Sbarazzarsi di Gheddafi e voltare pagina nella storia della Libia appare la cosa più urgente. Mustafa Abdel Jalil, capo del Cnt ha dichiarato che “le forze di Gheddafi e i suoi complici non smetteranno di resistere fino a che Gheddafi non è preso o venga ucciso”.
I ribelli rivendicano il controllo di quasi tutto il Paese. In realtà vi sono alcune sacche a Tripoli, nella Sirte – patria di Gheddafi – e nel sud che offrono ancora molta resistenza e si teme un bagno di sangue o una guerriglia che potrebbe durare mesi.
Per questo, oltre alla taglia, il Cnt ha offerto al colonnello l’uscita sicura dal Paese, se rinuncia alla sua leadership. Tale possibilità sembra per ora remota. Ancora ieri, il leader libico ha inviato messaggi via radio chiedendo ai suoi di “ripulire Tripoli” e ha promesso che egli resisterà “fino alla vittoria o al martirio”.
Uccidere Gheddafi o catturarlo è urgente anche per sbloccare tutti i fondi libici. Mahmoud Jibril, capo del governo provvisorio, ha dichiarato di aver bisogno di almeno 2 miliardi di dollari per pagare impiegati, coprire non meglio definiti “costi umanitari” e riparare le infrastrutture petrolifere.
Secondo alcuni diplomatici, la prossima settimana gli Stati Uniti presenteranno una risoluzione al Consiglio di sicurezza Onu per chiedere di sbloccare 1,5 miliardi di dollari di fondi libici “per bisogni umanitari”. Gli Usa e altri Stati hanno bloccato almeno 165 miliardi di dollari appartenenti al governo libico.
Il Sudafrica però frena le richieste di Washington e ha dichiarato di attendere segnali dall’Unione africana che tuttora non riconosce l’autorità dei ribelli.
La Libia di Gheddafi, il Paese africano con le più ricche risorse di petrolio, è stato sempre ben visto dai leader africani per la generosità delle sue donazioni e dei suoi investimenti nel continente, spesso in competizione con gli organismi internazionali guidati dagli occidentali.
Prima delle rivolte di febbraio-marzo, la Libia produceva 1,6 milioni di barili di petrolio al giorno. A causa della guerra, la produzione è scesa a 100 mila barili al giorno.
Si diffonde intanto cauto ottimismo sulla sorte di quattro giornalisti italiani che ieri sono stati catturati da un gruppo di malviventi e poi consegnati a truppe pro-Gheddafi. Si tratta di due inviati del Corriere della Sera, Elisabetta Rosaspina e Giuseppe Sarcina, dell'inviato di Avvenire Claudio Monici e quello de La Stampa Domenico Quirico. Monici e Quirico hanno potuto telefonare all’estero e hanno rassicurato di stare bene. Secondo le ultime informazioni, sono tenuti sotto custodia in un luogo a Tripoli.
Il timore è però che nella confusione di questi giorni e nella retorica della lotta di Gheddafi contro la Nato, questi giornalisti occidentali vengano visti come spie straniere.
Sbarazzarsi di Gheddafi e voltare pagina nella storia della Libia appare la cosa più urgente. Mustafa Abdel Jalil, capo del Cnt ha dichiarato che “le forze di Gheddafi e i suoi complici non smetteranno di resistere fino a che Gheddafi non è preso o venga ucciso”.
I ribelli rivendicano il controllo di quasi tutto il Paese. In realtà vi sono alcune sacche a Tripoli, nella Sirte – patria di Gheddafi – e nel sud che offrono ancora molta resistenza e si teme un bagno di sangue o una guerriglia che potrebbe durare mesi.
Per questo, oltre alla taglia, il Cnt ha offerto al colonnello l’uscita sicura dal Paese, se rinuncia alla sua leadership. Tale possibilità sembra per ora remota. Ancora ieri, il leader libico ha inviato messaggi via radio chiedendo ai suoi di “ripulire Tripoli” e ha promesso che egli resisterà “fino alla vittoria o al martirio”.
Uccidere Gheddafi o catturarlo è urgente anche per sbloccare tutti i fondi libici. Mahmoud Jibril, capo del governo provvisorio, ha dichiarato di aver bisogno di almeno 2 miliardi di dollari per pagare impiegati, coprire non meglio definiti “costi umanitari” e riparare le infrastrutture petrolifere.
Secondo alcuni diplomatici, la prossima settimana gli Stati Uniti presenteranno una risoluzione al Consiglio di sicurezza Onu per chiedere di sbloccare 1,5 miliardi di dollari di fondi libici “per bisogni umanitari”. Gli Usa e altri Stati hanno bloccato almeno 165 miliardi di dollari appartenenti al governo libico.
Il Sudafrica però frena le richieste di Washington e ha dichiarato di attendere segnali dall’Unione africana che tuttora non riconosce l’autorità dei ribelli.
La Libia di Gheddafi, il Paese africano con le più ricche risorse di petrolio, è stato sempre ben visto dai leader africani per la generosità delle sue donazioni e dei suoi investimenti nel continente, spesso in competizione con gli organismi internazionali guidati dagli occidentali.
Prima delle rivolte di febbraio-marzo, la Libia produceva 1,6 milioni di barili di petrolio al giorno. A causa della guerra, la produzione è scesa a 100 mila barili al giorno.
Si diffonde intanto cauto ottimismo sulla sorte di quattro giornalisti italiani che ieri sono stati catturati da un gruppo di malviventi e poi consegnati a truppe pro-Gheddafi. Si tratta di due inviati del Corriere della Sera, Elisabetta Rosaspina e Giuseppe Sarcina, dell'inviato di Avvenire Claudio Monici e quello de La Stampa Domenico Quirico. Monici e Quirico hanno potuto telefonare all’estero e hanno rassicurato di stare bene. Secondo le ultime informazioni, sono tenuti sotto custodia in un luogo a Tripoli.
Il timore è però che nella confusione di questi giorni e nella retorica della lotta di Gheddafi contro la Nato, questi giornalisti occidentali vengano visti come spie straniere.
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