Una marcia di 1.100 chilometri per la pace nel sud fra buddisti e musulmani
Bangkok (AsiaNews) – Una marcia per la pace, per ricordare a tutti che la pace e la convivenza sono possibili nelle martoriate province thailandesi insanguinate da anni dalle continue uccisioni tra islamici e buddisti. Oltre 70 persone, tra cui monaci buddisti, hanno coperto dall’11 luglio al 1° settembre i 1.100 chilometri dall’Università Mahidol nel distretto di Salaya alla moschea centrale della provincia di Pattani.
Il pomeriggio del giorno d’arrivo, l’imam Therathep Sriyapan, governatore di Pattani, ha accolto il gruppo ringraziandolo “per l’impegno per ripristinare la serenità e la pace in questa parte della Thailandia”.
Kothom Araya, presidente del Centro ricerca per costruire la pace dell’Università di Mahidol – organizzatore dell’evento insieme al Consiglio religioso per la pace nella Thailandia meridionale – ha ricordato che “costruire la pace è un dovere di tutti. Noi vogliamo rendere ognuno attento a costruire la pace e fermare qualsiasi atto violento nelle province meridionali”.
Il buddista Phra Phaisan Visalo ha sottolineato che “la marcia è stata anche per la pace dentro il proprio cuore”.
Alla marcia hanno partecipato anche “camicie gialle” e “camicie rosse”, come sono chiamati gli oppositori e i sostenitori del governo, secondo le magliette che per convenzione indossano. Nei mesi scorsi le due fazioni hanno avuto contrasti anche violenti. Ma in questa marcia membri dei due gruppi si sono aiutati e sostenuti a vicenda.
Nel Paese la violenza non si ferma: tra ieri sera e stamattina nelle province meridionali di Narathiwat, Yala e Pattani ci sono stati 5 morti e 4 feriti in vari attentati, sia buddisti che islamici, sia civili che militari.
Il maggior generale Jirasak Chomparasop, Commissario del 22° Circolo militare a Pattani, dice ad AsiaNews che dal 2004 a oggi ci sono stati almeno 9.922 attentati, con 56.950 morti e 11.390 feriti.
Egli dice che, per raggiungere la pace, il suo gruppo sta cercando di “seguire l’esempio di re Bhumibol, che incoraggia a cercare la comprensione, l’incontro con la gente in modo amichevole e uno sviluppo sostenibile”. Per debellare una violenza che “è diminuita come numero [di attentati] ma diventa sempre maggiore”.
06/11/2006