Una cremazione comune per le vittime del Qinghai
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Una pira funeraria comune per circa 700 vittime nella città di Jiegu, contea di Yushu, devastata dal disastroso sisma del Qinghai. Dopo giorni, è ancora lento l’arrivo dei soccorsi. Intanto cresce la polemica per i molti alunni seppelliti dal crollo delle scuole.
A Yushu il 97% della popolazione è tibetana (al punto che con i soccorsi sono stati inviati anche circa 500 interpreti). Per tradizione per il defunto c’è un “funerale in cielo”: è deposto all’aperto su elevate tettoie, perché le carni le divorino gli avvoltoi. Ma qui i morti sono troppi e lasciarli all’aperto causerebbe gravi problemi sanitari.
Così i monaci tibetani hanno allestito alte pire funerarie, su una verde collina sopra la città. I corpi sono stati portati sopra carri, deposti su apposite piattaforme entro solchi scavati nella terra e sono stati cremati, tra i canti e le preghiere di oltre 500 monaci e residenti.
I locali spiegano che la cerimonia è necessaria “per liberare lo spirito del defunto”, al quale augurano una buona reincarnazione e la fine delle sofferenze. Il calore per le fiamme si sentiva a centinaia di metri di distanza.
Intanto continua la ricerca senza soste di sopravissuti. Si scava anche a mani nude tra le macerie, anche se le speranze sono poche dopo 3 notti gelide. Talvolta si avvera il “miracolo”: una ragazza di 13 anni è stata estratta viva dalle macerie dell’Hotel Minzhu, dopo essere rimasta intrappolata per 54 ore. Nel Qinghai ci sono 1.144 morti accertati, compresi molti migranti, ma anche 417 “dispersi”. I feriti sono 11.744 (di cui 1.192 gravi).
Cresce anche la polemica per l’insufficienza dei soccorsi. Il governo dice che ha inviato 10mila tra soldati e medici. Ma interi villaggi hanno perso tutto, le famiglie dormono all’aperto sull’altopiano himalayano a 4mila metri d’altezza e la notte la temperatura scende sotto lo zero. Sono iniziati ad arrivare - ma sono ancora scarsi - tende, cibo e medicine, portati tramite autocarri dalla capitale provinciale Xining che dista 800 chilometri. La televisione mostra decine di profughi infuriati che cercano di prendersi da soli i generi di soccorso, spingendo via la polizia. Wu Heping, portavoce del ministro dell’Interno, ha ammesso in via indiretta disordini e scontri di piccola entità, dicendo che “c’è parecchia polizia in tenuta antisommossa che controlla situazione, una situazione che è stabile”.
Cresce pure la polemica sulla sicurezza delle scuole, in gran parte crollate seppellendo studenti e professori. Secondo i dati di ieri, c’erano 103 studenti e 12 insegnanti uccisi, 35 ragazzi intrappolati sotto le macerie e 38 dispersi, oltre a 648 feriti. Ma i genitori osservano che tutte le 20 scuole di Jiegu sono crollate o hanno avuto gravi danni e parlano di materiali scadenti. Le autorità rispondono che a Yushu sono crollate oltre il 90% delle case e che la percentuale di vittime è bassa, rispetto ai 23.197 studenti e 938 insegnanti delle 59 scuole della contea di Yushu; ma molti protestano che gli edifici pubblici devono essere più sicuri.
Alla scuola primaria n. 3 di Yushu sono morti 70 alunni, intrappolati sotto le macerie. Il dormitorio di 3 piani della scula di avviamento professionale di Yushu, costruito nel 1998, è crollato su se stesso, con circa 100 vittime. Il ricordo del Sichuan è recente e molti chiedono indagini serie.