Una Chiesa delle catacombe, fatta solo di stranieri
Intervista a padre Giuseppe Moretti, superiore della missio sui iuris in Afghanistan
Barnabita marchigiano, padre Giuseppe Moretti, 66 anni, dal 1977 segue i fatti dell'Afghanistan. Dal 1990 al '94 è stato a Kabul, unico prete cattolico del paese. Dal maggio 2002 è superiore della missio sui iuris dell'Afghanistan. In questa intervista (che esce - in versione ridotta - su Mondo e Missione e in versione integrale su AsiaNews di febbraio), p. Moretti traccia il quadro della difficile missione dei cristiani in un paese ancora segnato dall'integralismo islamico
La Costituzione afghana è stata approvata. Ci sono motivi di preoccupazione per le minoranze religiose, in particolare per quelle cristiane?
Rispetto alle carte costituzionali redatte in passato, quella attuale non rappresenta alcuna novità. I principi sono rimasti gli stessi anche con il mutare dei governi e delle forme istituzionali. Quindi le minoranze cristiane, costituite esclusivamente dagli stranieri, potranno continuare a professare la propria fede come è avvenuto sino ad oggi nel rispetto della legge. Nessuna evangelizzazione, nessuna celebrazione pubblica. Una fede cristiana catacombale, ma pur sempre rispettata, più che tollerata. Nonostante tutto, credo occorra percorrere la via del dialogo, del rispetto e della reciproca conoscenza.
Libertà d'espressione e di associazione sono garantite a sufficienza?
Da un Paese che esce da 23 anni di guerra, e da una successione di regimi tutti più o meno autoritari, non si deve pretendere un passaggio immediato alla democrazia totale. Occorre gradualità. Non bisogna neppure dimenticare la complessità etnica dell'Afghanistan, che significa usi, costumi, tradizioni diversificate, anche se esistono elementi unificanti come la religione islamica e l'opposizione ad ogni regime straniero. Una certa libertà di espressione c'è già, lo si può constatare nei giornali in lingua inglese pubblicati a Kabul.
Sarà possibile costruire altre chiese cristiane?
La chiesa dell'ambasciata d'Italia rimane ancora l'unico luogo di culto ufficialmente riconosciuto in tutto l'Afghanistan. Per il momento è impensabile immaginare altre chiese in altre città, per le ragioni esposte sopra. I protestanti hanno nei loro centri anche sale per il culto, ma siamo sempre nella sfera del privato. Senza una libertà religiosa nel vero senso della parola, gli unici cristiani presenti in Afghanistan saranno solo gli stranieri. E una comunità cristiana afghana è un futuribile noto solo a Dio. Questo non significa che da parte di certi afghani non ci sia interesse di natura intellettuale per il cristianesimo. Ma non si va oltre: c'è sempre l'insormontabile barriera della sharia.
Quale il bilancio a due anni dal suo ritorno in Afghanistan?
Il Paese è stato elevato a missio sui iuris da Giovanni Paolo II con decreto del 16 maggio 2002. Il primo anno dal punto di vista pastorale è stato molto difficile. Per mesi e mesi la Messa domenicale ha visto solo una decina di fedeli, comprese le quattro Piccole sorelle di Gesù presenti a Kabul. Ora però, grazie a Dio l'affluenza dei fedeli, la domenica, da qualche tempo è talmente numerosa che la cappella si rivela sempre più piccola... Ma c'è un ma La comunità cattolica internazionale è formata soprattutto da asiatici, africani e latinoamericani. Perfino un gruppo numeroso si protestanti partecipa alla nostra Messa domenicale. Dall'Europa pochissimi, salvo lodevoli eccezioni. Forse gli europei non hanno più bisogno di Dio!