Un migliaio di profughi Rohingya ospitati in un centro nel sud della Thailandia
Bangkok (AsiaNews) - "Mi trovi qui con un gruppo di 10 amici e stiamo cercando di raggiungere la Malaysia, con la speranza di trovare un lavoro e guadagnare del denaro per le nostre famiglie". È quanto afferma ad AsiaNews Abdul Malee, uno dei moltissimi profughi Rohingya in fuga dal Myanmar, scoperti nei giorni scorsi in Thailandia e ora trattenuti in un centro di accoglienza nella provincia di Songhla. Il gruppo era composto da circa un migliaio di rifugiati, appartenenti alla minoranza musulmana birmana dello Stato occidentale di Rakhine, privata in patria della cittadinanza e dei diritti umani di base, oltre che vittima di persecuzioni e violenze. Mèta finale del loro viaggio la Malaysia o l'Indonesia, nazioni del sud-est asiatico in cui l'islam (sunnita) è la religione più diffusa.
Il generale Paradorn Patanatabutra, segretario generale del Dipartimento thai per la sicurezza nazionale (Onsc), annuncia il fermo di circa un migliaio di profughi Rohingya, avvenuto nei giorni scorsi (11 e 12 gennaio) nel distretto di Sadao, provincia meridionale di Songkhla. La scoperta è avvenuta mentre il gruppo si preparava a partire verso la destinazione finale. Fra questi vi sono almeno 160 fra donne e bambini, che intendevano raggiungere mariti e padri già emigrati in Malaysia o Indonesia. Per spegnere sul nascere qualsiasi polemica sul trattamento riservato, l'alto ufficiale ha subito chiarito che saranno rispettati i diritti umani di base e la tutela della persona.
Secondo gli ultimi risultati emersi dalle indagini degli inquirenti, nel distretto di Sadao vi sarebbero quattro gruppi dediti al traffico di vite umane, in particolare dei musulmani Rohingya in fuga dal Myanmar. Il costo a persona, per il transito e il passaggio successivo verso la mèta finale varia tra i 50 e i 60mila Baht (circa 2mila dollari). Il colonnello di polizia Krisada Pleethanyawong aggiunge che, degli otto arrestati con l'accusa di favoreggiamento, vi sono quattro birmani, due Rohingya e due cittadini thai.
Intanto l'ong internazionale Human Rights Watch (Hrw) ha chiesto al governo di Bangkok di potersi unire alle indagini, per verificare le condizioni dei migranti irregolari, il loro status e capire di quale assistenza necessitano. Fino allo scorso anno vi erano 800mila Rohingya in Myanmar, ma molti cercano di fuggire dal Paese nonostante i rischi e le difficoltà. Aluyee Tula, fermato dalle autorità thai il 10 gennaio e a tutt'oggi rinchiuso nel centro di accoglienza, racconta: "Riceviamo un pasto al giorno e di mille Rohingya, almeno 500 sono già riusciti a fuggire". E aggiunge: "vogliamo andarcene in un Paese terzo alla ricerca di un lavoro. Se torniamo in Myanmar, ci sbattono in prigione per almeno 10 anni".
Nel giugno 2012 la Corte distrettuale di Kyaukphyu, nello Stato di Rakhine ha condannato a morte tre musulmani, ritenuti responsabili dello stupro e dell'uccisione a fine maggio di Thida Htwe, giovane buddista Arakanese (Rakhine). Questa l'origine dei nuovi, violenti scontri interconfessionali fra musulmani e buddisti. Nei giorni seguenti, una folla inferocita ha accusato alcuni musulmani uccidendone 10, del tutto estranei al fatto di sangue. La spirale di odio ha causato la morte di altre 29 persone, di cui 16 musulmani e 13 buddisti. Secondo le fonti ufficiali sono andate in fiamme almeno 2600 abitazioni, mentre migliaia di profughi Rohingya - negli ultimi mesi - hanno cercato rifugio all'estero.