Un Rosario per i martiri
La Chiesa italiana celebra domani la Giornata di preghiera e digiuno per i martiri: un ricordo e una solidarietà verso chi ha perduto la vita a causa della fede, che si rinnova ormai da 14 anni.
È soprattutto grazie a Giovanni Paolo II che la percezione del martirio è cambiata fra i cristiani.
Fino a poco tempo fa, "martire" era considerato un'eccezione alla pacifica vita di fede e relegata a qualche isola o paese sperduto.
Prima del Giubileo del 2000 Giovanni Paolo II ha messo in chiaro che alle radici della Chiesa di ogni continente vi sono generazioni di martiri e che l'odio delle ideologie totalitarie del XX secolo contro i cristiani è stato il più violento di tutta la storia del cristianesimo.
In questo modo e grazie alle canonizzazioni i martiri sono divenuti nostri "contemporanei". Ma un'altra contemporaneità, ancora più radicale, è venuta sempre più in luce. Grazie alla facilità con cui le informazioni corrono nel mondo, veniamo tutti i giorni a sapere di persone uccise a causa della fede sotto regimi marxisti, o islamici, o in zone di mafie o di guerre interetniche. La contemporaneità è data dal fatto che ormai la lotta fra la verità e la menzogna, fra l'amore e l'odio, fra Cristo e il mondo si è fatta quotidiana e presente ad ogni latitudine. Non sono più solo sacerdoti, missionari, suore i soli ad essere uccisi a causa della fede. Come mostrano spesso le notizie di AsiaNews, vi sono le studentesse indonesiane di Poso (Sulawesi), che sono state decapitate in odio alla fede. In Pakistan un semplice giovane come Javed Anjum, ha trovato la morte sotto le percosse di alcuni che volevano convertirlo all'Islam. In Nigeria decine di cristiani sono morti nelle violenze sorte a motivo delle vignette satiriche su Maometto. Che dire poi di Laos, Myanmar, Cina? Qui i regimi controllano così tanto le informazioni che le notizie dei martirii giungono mesi dopo. La notizia della morte di mons Gao Kexian, vescovo di Yantai, morto di stenti dopo 6 anni di lager, è stata sussurrata per mesi prima di ricevere la conferma definitiva. Ma questo non toglie la sua "contemporaneità". Ormai il martirio è divenuta una possibilità di tutti i giorni per chi vive il cristianesimo. Il World Christian Database, una fonte di statistiche del mondo protestante, parla di 160 mila martiri cristiani ogni anno, considerando fra loro fedeli che sono stati uccisi a motivo della fede anche in ambienti familiari, di lavoro, e sociali.
Papa Benedetto XVI, commentando il martirio di santo Stefano lo scorso 26 dicembre, ha detto: "Come non riconoscere che anche in questo nostro tempo, in varie parti del mondo, professare la fede cristiana richiede l'eroismo dei martiri? Come non dire poi che dappertutto, anche là dove non vi è persecuzione, vivere con coerenza il Vangelo comporta un alto prezzo da pagare?". Il papa poi concludeva: "chiediamo a Dio la grazia di vivere con coerenza la nostra fede, pronti sempre a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi (cfr 1 Pt 3,15)". Celebrare il martirio di tanti nostri fratelli non è un'orgogliosa e sanguinaria orgia da kamikaze, ma è l'affermazione che al mondo esiste una speranza più forte della morte. E tale speranza abbraccia il martire e il suo uccisore.
Una comunità italiana da tempo ogni mese si dà appuntamento in chiesa per pregare un Rosario per i martiri. Ad ogni diecina ricordano brevemente la storia del martirio e pregano per la Chiesa di quel luogo e per il popolo.
Quest'anno, su loro suggerimento, vogliamo proporre a tutti i nostri lettori il gesto del "Rosario per i martiri", da celebrare possibilmente ogni secondo venerdì del mese. Prima di tale data AsiaNews provvederà a pubblicare sul sito alcune note utili per la celebrazione.