Tutto il Paese festeggia il capodanno tradizionale, ma si dimentica dei profughi del nord
Colombo (AsiaNews) – Dopo 30 anni di guerra singalesi buddisti e tamil di religione indù hanno iniziato ieri il loro capodanno in una clima di pace. È grande festa soprattutto per la gente i militari delle regioni settentrionali e orientali, che hanno vissuto gli orrori della guerra tra esercito e Tigri tamil (Ltte) fino al maggio 2009. Le celebrazioni hanno coinvolto tutta la popolazione del Paese compresi cristiani e musulmani, ma non gli oltre 83mila rifugiati ancora confinati nei campi profughi nel nord del Paese.
“Questa è la prima volta dopo 10 anni di servizio militare che ritorno a casa per le vacanze di capodanno - afferma Kamal Kumara Gankanda, soldato di religione buddista – tutti noi siamo felici di festeggiare il Sinhala (nuovo anno buddista) e il capodanno Tamil senza la minaccia di attacchi dell’Ltte”.
La festa resta è anche un’occasione per pregare e in molti hanno affollato i templi e i Kovils (luoghi di culto) della capitale, offrendo puja (preghiere) per una pace duratura. “Preghiamo Dio – afferma Kavitha Selvam, di etnia tamil – perché non consenta a nessuno di distruggere il nostro Paese durante il nuovo anno”. Anche mons. Malcom Ranjit, arcivescovo di Colombo ha colto l’occasione per fare la sua benedizione a tutto il Paese, assicurando le sue preghiere per lo sviluppo e l’armonia di tutta la popolazione.
I festeggiamenti non toccano però gli oltre 83mila sfollati di etnia tamil, confinati nei campi profughi del nord del Paese. Dal gennaio 2009, inizio della grande offensiva lanciata dall’esercito per sconfiggere l’Ltte, essi vivono quasi come prigionieri e il governo li considera ancora come potenziali ribelli. Secondo l’agenzia Onu per i rifugiati nelle casse dello stato non ci sono soldi a sufficienza nemmeno pagare le 25mila rupie (160 euro) necessarie per la manutenzione delle povere abitazioni.
Herman Kumara, leader cattolico e responsabile del National Fisheries Solidarity Movement, sostiene che l’euforia dei festeggiamenti è stata amplificata da media e politici. “Sono sicuro – afferma - che noi non possiamo pensare di essere una nazione. Perché non consideriamo come nostri cittadini queste persone che vivono nei campi, sotto gli alberi? Perché non possono essere ritenuti anche loro dei singalesi?”.
Padre S. M. Anthony, provinciale dei gesuiti, afferma: “Il capodanno di buddisti e tamil è una meravigliosa opportunità per iniziare un processo di riconciliazione tra le due comunità ed è una sfida per le alte sfere della politica. Quanti di loro hanno preso sul serio questa opportunità come occasione di riconciliazione invece di dire solo delle parole?”.