15/11/2024, 08.32
ASIA CENTRALE
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Turkestan o Iranzamin: lo scontro sulle radici culturali dell'Asia centrale

Istanbul preme per il rafforzamento del "mondo turanico", rigettando le descrizioni "eurocentriche" della regione. Ma lo storico tagiko Kamoluddin Abdulloev obietta: "L'Iran avrebbe altrettanti argomenti per affermare la sua influenza storica". In una terra dove le fasi della dominazione mongola e della diffusione dell’islam hanno portato a divisioni e ricomposizioni tra sciiti e sunniti. 

Dushanbe ( AsiaNews) - Il canale televisivo turco Trt Haber ha reso noto che il ministero dell’istruzione nazionale di Ankara ha disposto che nei programmi scolastici si adoperi il termine “Turkestan” al posto di “Asia centrale”. Quest’ultima viene descritta come una definizione “eurocentrica”, che non riflette le specificità storiche e culturali della regione, e si sottolinea la necessità di restaurare la verità storica sostenendo il rafforzamento del “mondo turanico”.

Si ricorda una frase del presidente Recep Tayyip Erdogan, secondo cui “noi lavoreremo spalla a spalla per fare del periodo che ci aspetta un’epoca turanica, diffondendo la nostra visione del ‘Secolo della Turchia’ attraverso l’Organizzazione degli Stati turanici (Otg)”. Spesso viene citata anche un’espressione di Enver Pasha, il comandante ottomano a capo della rivoluzione dei Giovani Turchi di un secolo fa: “Il migliore dei non-turchi vale molto meno del più giovane e inesperto dei turchi”.

Questa insistenza sulla “turchizzazione” di tutta l’Asia centrale provoca discussioni e perplessità in tutti gli Stati coinvolti, ma soprattutto in Tagikistan, il Paese in cui l’influsso turanico si scontra con la dipendenza ancora più significativa dalle radici persiane, dove molti denunciano il “panturchismo” come una nuova forma di colonizzazione. Nel primo ventennio post-sovietico, tra il 1992 e il 2010, le posizioni espansionistiche della Turchia venivano contrastate anche dall’allora presidente dell’Uzbekistan, Islam Karimov, oltre che dal desiderio del Turkmenistan di conservare gelosamente la propria neutralità, tanto che fino ad oggi Ašgabat rimane soltanto un osservatore all’interno dell’Otg.

Lo storico tagico Kamoluddin Abdulloev commenta su Radio Ozodi che “se i turchi vogliono chiamarci Turkestan, allora l’Iran ci potrebbe associare all’Afghanistan, e chiamarci Iranzamin, avendo altrettanti argomenti per affermare la sua influenza storica sulla regione”, ricordando le epoche del Khorasan, del “Grande Iran” o Iranshahrom. Del resto l’Iran ha un confine in comune con questi Paesi (Turkmenistan e Afghanistan), a differenza della Turchia. Fino al XVIII secolo il Khorasan e il Maverannakhr (la Transoxiana, la zona centro-asiatica a nord del fiume Oxus) erano considerate un’unica regione, distinguendo l’Iran occidentale da quello orientale, con una storia comune e centri culturali come Isfahan, Herat, Samarcanda, Bukhara e Delhi, fino alla Cina. Nell’Iranzamin o Grande Iran rientravano anche alcune parti del Caucaso, e i cinesi consideravano l’Iran come “l’Occidente” fino all’Europa.

Secondo molti studiosi i tagichi sarebbero “sogdiani islamizzati”, iraniani orientali della regione di Sogda, con una storia più che millenaria precedente all’arrivo dei turchi, nel VI secolo della nostra era. La collaborazione tra sogdiani e turchi, intensa e vantaggiosa per entrambi, durò soltanto un paio di secoli, e fu interrotta dalla diffusione in queste zone dell’Islam nell’VIII secolo. Anche dal punto di vista linguistico, “i confini del Grande Iran sono ben più vasti dei suoi limiti geografici”, ricorda Abdulloev, tanto che nell’orientalistica contemporanea si usa il termine persofonia, che indica il persiano come “lingua franca” per vasti territori dalla Turchia alla Cina, e dal Caucaso all’India. Il farsi è la lingua principale dell’Iranzamin, la prima dopo l’arabo a essere insegnata nelle madrase.

La storia di queste terre è particolarmente complessa e ricca di spunti per sostenere una tesi contro l’altra, o anche combinandole insieme nelle personalità di grandi poeti e letterati che scrivevano in varie lingue locali. Le fasi della dominazione mongola e della diffusione dell’islam hanno portato a divisioni e ricomposizioni tra sciiti e sunniti. Fino a giungere ai tempi moderni con l’arrivo dei russi, che hanno a loro volta imposto altre dimensioni culturali e linguistiche, e alla dominazione ateista sovietica, che considerava l’Asia centrale come il “cortile interno” dell’impero, oggi chiamato a dipanare i fili della memoria tra le pretese delle grandi potenze circostanti e il desiderio di indipendenza dei popoli.

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