Tsunami, i morti aumentano, la ricostruzione tenta di partire
Roma (AsiaNews/Agenzie) Quattro settimane dopo il disastro, mentre nei Paesi del sud est si sta ancora facendo il conto dei morti, prendono il via gli ingenti interventi di ricostruzione. Il numero finora accertato delle vittime è salito a 225 mila, facendo del terremoto del 26 dicembre il 3° disastro naturale negli ultimi 100 anni. Ben 56 nazioni sono impegnate nelle operazioni di soccorso e riabilitazione delle regioni colpite: finora la somma raccolta dalla comunità internazionale ha raggiunto i 10 miliardi di dollari.
L'Indonesia è il Paese più colpito, con oltre 166 mila morti. La regione di Aceh, nel nord dell'isola di Sumatra, piange più di 50 mila vittime. Decine di migliaia di persone sono rimaste senza casa e dipendono dagli aiuti internazionali. Oggi il presidente Susilo ha pregato nella grande moschea Baiturrahman di Banda Aceh, chiedendo a tutti "i fratelli e le sorelle di guardare avanti e ricostruire Aceh per un futuro migliore". Si stima che la ricostruzione della regione costerà 4 miliardi di dollari e durerà 5 anni. Secondo il ministro degli Esteri Hassan Wirayuda il disastro dello tsunami potrebbe spingere alla ripresa dei colloqui di pace fra il governo di Jakarta e il Free Aceh Movement, il gruppo armato separatista di Aceh. Ma gli aiuti e i soccorsi sono per ora rallentati da voci di attacchi terroristici dei separatisti e dalle restrizioni imposte alle Ong dall'esercito indonesiano. I responsabili delle truppe Usa, intervenute nelle scorse settimane con navi ed elicotteri in soccorso delle vittime, hanno dichiarato che entro la fine di febbraio si ritireranno dall'Indonesia per lasciar spazio agli aiuti civili. Il governo di Jakarta aveva indicato il 26 marzo come la data di ritiro dei militari stranieri.
Nello Sri Lanka lo tsunami ha causato 31 mila vittime. Ad oggi sono ancora 400 mila le persone ospitate in edifici pubblici, nei templi e nelle chiese lungo la costa. La previsione degli interventi per la ricostruzione nel Paese ammonta a 3,5 miliardi di dollari e riguarderanno i 3/4 della fascia costiera distrutta dal maremoto. Anche nello Sri Lanka il terremoto di un mese fa potrebbe avere conseguenze politiche, in particolare nel decennale conflitto fra le Tigri del Tamil (movimento indipendentista) e il governo di Colombo: il ministro degli Esteri norvegese Jan Petersen e l'inviato di pace Erik Solheim stanno cercando di fare in modo che gli aiuti internazionali, al centro di polemiche, diventino uno strumento di dialogo fra le parti.
L'India piange oltre 10 mila morti mentre i dispersi sono più di 5 mila, la maggior parte dei quali nelle isole Andamane, vicine all'epicentro del terremoto. Solo nell'isola di Katchal i dispersi sono 4.400. Le vittime ufficialmente accertate nell'arcipelago delle Andamane sono 1.879, ma fonti indipendenti parlano di 15 mila deceduti. Nei rifugi provvisori e nei campi di raccolta sparsi nel Tamil Nadu, Kerala e Andhra Pradesh (gli Stati più colpiti dal terremoto) si trovano ora 378.000 persone. Sono 2 milioni 700 mila i cittadini indiani in qualche modo colpiti dallo tsunami. Il governo indiano, che ha rifiutato aiuti internazionali, ha stanziato 500 milioni di dollari per i soccorsi e la ricostruzione.
In Thailandia lo tsunami ha causato la morte di 5322 persone, molte delle quali sono turisti stranieri. La locale industria del pesce ha subito perdite per 500 milioni di dollari, mentre il settore del turismo vede calare i suoi profitti per 250 milioni di dollari ogni mese. Nei centri turistici di maggior richiamo, come le isole di Phuket e Phi Phi, è già stata avviata la ricostruzione delle strutture alberghiere. (LF)
28/12/2004