Tsunami, Jakarta promette trasparenza nella gestione degli aiuti
Jakarta (AsiaNews/Agenzie) I miliardi di dollari, donati da tutto il mondo per ricostruire il Paese colpito dallo tsunami, non finiranno nelle tasche di funzionari corrotti. Lo ha assicurato il ministro indonesiano degli Esteri Hassan Wirayuda, sottolineando che il denaro sarà gestito e distribuito da esponenti dei Paesi donatori in collaborazioni con i rappresentanti delle Nazioni Unite.
Il ministro afferma che è intenzione comune "garantire la trasparenza nella gestione del denaro", considerando che l'osservatorio internazionale sulla trasparenza e la corruzione colloca l'Indonesia fra i 10 Paesi al mondo più corrotti.
Intanto i funzionari delle Nazioni Unite invitano ad un maggior coordinamento e ribadiscono il ruolo primario dell'Onu nella realizzazione di un sistema di allerta globale per prevenire altre sciagure causate dai maremoti.
L'India lavora per approntare un sistema di difesa proprio da estendere alle nazioni limitrofe: il progetto prevede la costruzione di una rete che parte dall'Australia e si estende alle coste dell'Africa orientale. Un'opera da 30 milioni di dollari, realizzabile entro il 2007.
L'Indonesia vuole sfruttare uno dei centri antisismici del Paese per i casi di tsunami, sotto la gestione degli esperti dell'Asean (associazione che riunisce 10 nazioni del sud-est asiatico). Anche la Germania vuole realizzare un centro di allarme per lo tsunami, ma l'ambizioso progetto appare di difficile realizzazione perché richiede una tecnologia troppo avanzata e costosa.
Mentre il numero delle vittime del maremoto continua a crescere, dall'Indonesia arriva una storia a lieto fine: a 3 settimane e mezzo di distanza dalla tragedia, una famiglia ha ritrovato la figlia di 7 anni in uno dei tanti campi profughi dell'Aceh. Putri, questo il nome della bambina, si trovava all'interno della propria abitazione quando l'onda anomala l'ha "rapita". La famiglia l'ha subito cercata fra i corpi delle numerose vittime che riempivano le strade di Lhokeseumawe, cittadina distante 150 km da Banda Aceh; i genitori non hanno mai perso la speranza di ritrovarla in vita e dopo 24 interminabili giorni la buona notizia è arrivata.
"Ero certo che mia figlia fosse viva afferma con gioia il padre e speravo che prima o poi qualcuno la riconoscesse e mi facesse avere sue notizie". In questo periodo la ragazza ha trovato ospitalità presso la famiglia di un agricoltore, che ha accolto altri 200 sopravvissuti scampati alla tragedia.