20/05/2019, 12.04
IRAQ - IRAN - USA
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Trump minaccia l’Iran. Card Sako: il Medio oriente non può sopportare un’altra guerra

Il presidente Usa è tornato ad attaccare Teheran. La leadership iraniana cerca di smorzare i toni, sottolineando di non volere una guerra. Nello scontro si inserisce anche Riyadh, che accusa la Repubblica islamica per una serie di recenti incidenti. Patriarca caldeo: “Grande paura” fra la gente. Il pericolo sono milizie e gruppi fondamentalisti che vogliono provocare lo scontro. 

 

Baghdad (AsiaNews) - La regione mediorientale non è in grado di “sopportare” un’altra guerra, che rappresenterebbe “un disastro per tutti”. È quanto ha sottolineato il primate caldeo, card Louis Raphael Sako, ricevendo nella sede patriarcale nel fine settimana l’incaricato di affari dell’ambasciata Usa a Baghdad Joey Hood. Intanto un razzo [ignoti gli autori del lancio] è caduto ieri nella “Zona Verde” della capitale irakena, poco distante dalla rappresentanza diplomatica statunitense e il presidente Donald Trump è tornato a minacciare Teheran. 

In questo momento di grande tensione, il patriarca Sako ha sottolineato che è “urgente focalizzare” gli sforzi di entrambi le parti “per calmare la situazione” e rilanciare l’invito a un “dialogo civile”. Bisogna fare il possibile, ha aggiunto il porporato, per “scongiurare qualsiasi tipo di soluzione militare”. Pronta la risposta dell’incaricato di affari Usa, secondo il quale gli Stati Uniti “sono consapevoli” delle conseguenze nel caso in cui si continui ad “alimentare” questo scontro.

Interpellato da AsiaNews il card Sako conferma “la grande paura fra la gente” per un possibile, nuovo scontro. “Personalmente - aggiunge - non credo vi sarà una guerra, perché sarebbe un disastro per tutti: per l’Iran, per i Paesi vicini come l’Iraq, il Libano, la Siria e con implicazioni regionali, l’Arabia Saudita. Tutti sarebbero coinvolti”. Bisogna essere “molto prudenti e dialogare”, aggiunge il porporato, secondo cui “il pericolo sono i gruppi fondamentalisti e le milizie armate che vogliono provocare americani e iraniani, trascinandoli alla guerra. Dobbiamo pensare - conclude - agli 80 milioni di cittadini iraniani”.

Il possibile conflitto fra Repubblica islamica e americani è uno dei grandi temi di queste settimane, oltre che elemento di grande timore fra le diplomazie internazionali. Ad innescare l’escalation della tensione, la decisione del presidente Usa Donald Trump nel maggio dello scorso anno di ritirarsi dall’accordo nucleare (Jcpoa) raggiunto a fatica dal predecessore Barack Obama, introducendo le più dure sanzioni della storia contro Teheran.

Una decisione che ha provocato un significativo calo nell’economia iraniana - confermato da studi Fmi - e un crollo nel petrolio, obiettivo della seconda parte delle misure in vigore dal 4 novembre scorso. In risposta, l’Iran nelle scorse settimane ha deciso di “riaprire” al nucleare ritirandosi da alcuni impegni “minori e generali” previsti dall’accordo sull’atomica. All’annuncio di Teheran ha fatto seguito l’invio di navi da guerra e bombardieri nelle acque del Golfo da parte degli Stati Uniti e incidenti navali dai contorni poco chiari. 

Ieri il presidente Usa Trump ha inviato un messaggio durissimo alla leadership di Teheran, affermando che la Repubblica islamica sarà distrutta nel caso di una guerra fra i due Paesi. “Se l’Iran vuole combattere - ha scritto in un tweet l’inquilino della Casa Bianca - sarà la fine ufficiale per l’Iran. Non provate mai più a minacciare gli Stati Uniti!”. Una retorica bellicosa in cui assicura che non permetterà mai all’Iran di “sviluppare armi nucleari”. 

Se Trump alimenta la retorica del conflitto, dalle parti di Teheran si cerca di stemperare la tensione. “Non vi sarà una guerra - ha sottolineato il ministro iraniano degli Esteri Mohammad Javad Zarif all’agenzia Irna - dato che noi non vogliamo la guerra e nessuno può nutrire l’illusione di affrontare l’Iran nella regione”. Al capo della diplomazia di Teheran si aggiungono le parole del capo dei Pasdaran, il generale Hossein Salami, secondo cui gli ayatollah “non sono in cerca di un conflitto”, mentre gli Stati Uniti “hanno paura della guerra e non la cercheranno”. 

Nello scontro a distanza fra Washington e Teheran si inserisce anche Riyadh, che accusa l’Iran per una serie di incidenti avvenuti di recente nella regione. Nel fine settimana il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Mbs) ha discusso al telefono degli sviluppi politici, diplomatici e militari nella regione con il segretario di Stato Usa Mike Pompeo. Confermando il colloquio, il ministro saudita degli Esteri Adel al-Jubeir ha dichiarato che “noi vogliamo pace e stabilità nella regione, ma non resteremo inermi di fronte ai continui attacchi iraniani”.

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