Torturata dal marito, ma per la polizia non si può aprire un caso
La vicenda riguarda una giovane moglie ridotta in fin di vita dal marito solo perché aveva provato a chiedere il divorzio. Ricoverata in ospedale è ancor in fin di vita. Ma la polizia sostiene che senza una sua deposizione ufficiale non si può procedere contro il suo aguzzino.
Lahore (AsiaNews) – L’ennesimo caso di violenza domestica contro le donne in Pakistan ha portato in fin di vita una donna a Harbanspura. La polizia non ha ancora aperto un caso contro il marito che l’ha torturata e cercato di ucciderla. La vicenda è riportata dal quotidiano pakistano Daily Times, che racconta la storia per bocca della madre della vittima.
Tutto è accaduto lo scorso 8 aprile: Arifa, 24 anni, e madre di due figlie, ha subito le violenze del coniuge, Muhammad Iqbal, che la accusava di avere avuto relazioni illecite. La realtà è che tre mesi fa la donna aveva chiesto il divorzio, ma Iqbal l’aveva convinta a rinunciare minacciando di uccidere lei e le figlie. La mamma di Arifa, Shamim Akhtar, riferisce che l’uomo, un alcolista, è solito picchiare e offendere la figlia, ignara prima del matrimonio - 9 anni fa – delle insane abitudini del marito. Nonostante un’apparente riconciliazione, le sofferenze della donna non sono finite. E l’8 aprile sono sfociate in una violenze disumana. Iqbal è rientrato a casa ubriaco a tarda notte, ha legato la moglie e ha iniziato a farle tagli su tutto il corpo e a romperle mattoni in testa. Mentre infliggeva le sue torture, l’uomo spiegava che così “avrebbe imparato a non rivolgersi al tribunale a non intrattenere relazioni extra coniugali con avvocati e poliziotti”. L’ha percossa e violentata davanti alle figlie e poi le ha versato alcol sulle ferite aperte, racconta la signora Amina Akhtar, da cui l’uomo si è recato il mattino seguente per riferire dell’uccisione di Arifa. “L’abbiamo trovata in un lago di sangue, quasi morta”, riferisce la madre e abbiamo chiamato d’urgenza la polizia.
È passata una settimana, Arifa combatte ancora per la vita in ospedale e ancora non è aperto nessun caso contro il marito. La polizia di Harbanspura si giustifica, dicendo che manca una deposizione della vittima e un certificato medico-legale. L’ospedale sollecitato più volte dai parenti ancora non ha rilasciato documenti. Diverse Ong come la South Asia Partnership’s (SAP) denunciano le responsabilità del marito, della polizia e delle autorità ospedaliere e annunciano di fare il possibile per rendere giustizia ad Arifa.
Nel corso del 2007, il Pakistan ha assistito ad un tragico aumento delle violenze contro le donne. Al primo posto della casistica, per la prima volta nei 9 anni in cui la Commissione nazionale per lo sviluppo dei diritti umani ha compilato il Rapporto sulle violenze contro le donne, balzano gli omicidi: 901 casi, di cui 747 compiuti da familiari della vittima. Di questi omicidi, la polizia ha accettato di aprire le inchieste soltanto in 600 casi, ha arrestato 122 persone, ma soltanto 30 sono state condannate.
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