Torna la pena di morte: 5 detenuti uccisi il 4 marzo
di Paul Kuo
Dopo una sospensione in vigore dal 2005, nell’isola la pena di morte è tornata nell’aprile dello scorso anno. Giorni fa la nuova esecuzione di alcuni assassini. L’opposizione della Chiesa cattolica e delle Ong locali.
Taipei (AsiaNews) - Non importa quanto la Chiesa di Taiwan, le Organizzazioni non governative locali e internazionali si siano impegnate per chiedere al governo di fermare le esecuzioni dei detenuti nel braccio della morte: lo scorso 4 marzo – interrompendo uno iato di 11 mesi nelle esecuzioni – il governo ha proceduto nella condanna a morte di altri 5 detenuti, accusati di assassinio.
Il ministero della Giustizia ha confermato l’esecuzione dei cinque, avvenuta appunto il 4 marzo sera: il decreto è stato firmato dal ministro Tseng Yung-fu nella stessa mattinata. Due esecuzioni sono avvenute a Taipei, due a Kaohsiung e l’ultima a Taichung.
Le esecuzioni sono avvenute a meno di un anno dalla ripresa della pratica della condanna a morte: i verdetti emessi lo scorso aprile hanno interrotto una moratoria non ufficiale alle esecuzioni dei condannati a morte in vigore dal 2005.
La ripresa di questa pratica è stata criticata in maniera ampia dalla comunità internazionale, incluse Amnesty International e l’Unione europea. Alla condanna si sono unite anche Ong locali come l’Alleanza taiwanese per la fine della pena di morte.
La Conferenza episcopale regionale cinese si è espressa con una dichiarazione sulla pena di morte il 13 aprile del 2010. Nel testo si è sottolineato come, nei suoi 2000 anni di storia, la Chiesa cattolica ha compreso in maniera profonda quanto la pena di morte sia una pena infinita e un dolore per l’umanità, così come la fine della vita voluta o non voluta.
I vescovi taiwanesi hanno sottolineato: “Per promuovere l’armonia sociale e mantenere una cultura di bontà e grazia, la Conferenza episcopale cattolica cinese si dichiara ancora a favore dell’abolizione della pena di morte, e chiede a tutti di essere consapevoli della dignità e della sacralità della vita, che va protetta e di cui va fatto tesoro”.
La Conferenza, dunque, “si appella al governo e al popolo e chiede di considerare l’abolizione della pena capitale. Chiede inoltre di attuare una sospensione delle esecuzioni in attesa dell’abolizione completa”.
L’Alleanza taiwanese per la fine della pena di morte ha aggiunto che i condannati a morte non dovrebbero essere uccisi fino a che non si possa concludere una revisione della pena di morte.
Secondo il documento del ministero, i cinque detenuti si chiamavano Guang Chung-yen, Wang Kuo-hua, Chung Teh-shu, Wang Chih-huang e Chuang Tien-chu-.
Dopo le esecuzioni del 4 marzo, rimangono – secondo fonti ufficiali – ancora 40 condannati a morte in attesa di esecuzione.
Le ultime condanne erano state eseguite a Taiwan il 30 aprile del 2010: in quell’occasione vennero uccisi sempre 5 detenuti.
Il ministro Tseng ha spiegato, durante un’audizione parlamentare, che il ministero ha intrapreso un approccio cauto nei confronti della pena di morte, e che esso porterà avanti le condanne soltanto quando i detenuti abbiano concluso ogni possibilità di appello, compreso l’appello straordinario, un nuovo processo e un’interpretazione costituzionale.
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