Timor Est: inchiesta internazionale, indipendente sulle ultime violenze
A chiedere indagini complete sui disordini, che continuano a Dili e dintorni, sia la Caritas che le Nazioni Unite. Il governo dà il via libera. Il contestato premier continua a non volersi dimettere: "Lo faccio per il bene del Paese".
Dili (AsiaNews) - Le vittime delle ultime settimane di disordini a Timor Est potrebbero essere più di quelle denunciate dai bilanci ufficiali. Il timore è stato sollevato dalla Caritas Australia, che ha chiesto l'apertura di un'inchiesta governativa sul numero dei morti provocati dagli scontri tra militari ribelli e lealisti e dalle violenze nella capitale Dili ad opera di bande armate di giovani dell'est e dell'ovest del Paese. Della stessa opinione anche le Nazioni Unite: ieri la rappresentanza dell'Onu a Timor Est ha detto che il govenro locale ha dato l'assenso a un'inchiesta internazionale sulle violenze.
Sul fronte politico vanno intanto avanti i contatti tra governo e ribelli nella capitale. Il ministro di Esteri e Difesa, Ramos Horta, ha incontrato oggi Alfredo Reinado, capo dei militari in lotta contro il potere centrale, dettosi disponibile a trovare una soluzione alla crisi. Ma, nonostante le critiche e le manifestazioni popolari che chiedono le sue dimissioni, il contestato premier Mari Alkatiri ribadisce oggi di non volersi dimettere "per il bene del Paese". Il primo ministro musulmano, membro del partito di maggioranza Fretilin, è considerato da più parti il vero responsabile della crisi: ad aprile ha ordinato la radiazione di circa 600 soldati, quasi la metà dell'esercito del piccolo Stato, in seguito alle loro proteste per discriminazioni su base etnica. L'episodio ha dato il via alle successive violenze.
Secondo fonti di AsiaNews, che oggi hanno incontrato Alkatiri, egli ha ammesso: "Sarebbe più semplice dimettermi, date le pressioni che ricevo, ma non mi preoccupo tanto per me quanto per il mio Paese". Il sospetto del primo ministro è che, una volta lasciato il suo incarico, i vertici di Stato (vedi presidnete Xanana Gusmao e ministro difesa e Esteri Ramos Horta) tentino di allontanare il Fretilin dal prossimo governo, previsto per il 2007. "Le mie dimissioni - ha spiegato - non sono la soluzione giusta per sbloccare la situazione".
Analisti locali ritengono che sia in atto un effettivo scontro tra il presidente e il governo, entrambi espressione del Fretilin, il partito della guerriglia contro l'occupazione indonesiana, fondato da Xanana, Horta e Alkatiri. Il capo di Stato ha abbandonato l'impronta marxista del Fretilin, e la scelta non è piaciuta alla vecchia guardia del partito. Per quanto riguarda Alkatiri, nonostante sia stato rieletto al vertice del partito con larga maggioranza, c'è chi preme per sostituirlo. Analisti aggiungono che Alkatiri non piace nemmeno all'estero, dove si teme la possibilità che voglia favorire Pechino nell'assicurasi le riserve di gas, di cui l'isola è ricca.
Secondo le autorità, dalla fine di aprile ad oggi sono morte tra le 20 e le 30 persone: la maggior parte soldati e polizia. Gli altri sono civili, vittime delle scorribande nella capitale e dintorni, che l'ingente numero di forze straniere - 2500 militari tra portoghesi, australiani, neozelandesi e malaysiani - intervenute sull'isola non riesce a sedare. Canberra e Dili hanno chiesto al Consiglio di sicurezza Onu l'invio di caschi blu per ristabilire la calma nell'ex colonia portoghese.