Timor Est, tranquille le elezioni per il nuovo presidente
Dili (AsiaNews/Agenzie) - Si sono concluse in modo pacifico e senza particolari incidenti le operazioni di voto a Timor Est, alle urne per eleggere il nuovo presidente. Le urne si sono aperte questa mattina alle 7 e non si registrano, al momento, denunce di brogli o irregolarità; la tornata elettorale è giudicata di cruciale importanza dagli osservatori internazionali, per valutare il processo di democratizzazione della piccola nazione a 10 anni dall'indipendenza dall'Indonesia. Oltre 1200 caschi blu delle Nazioni Unite hanno garantito la sicurezza, pronte a intervenire in caso di incidenti. Quelle di oggi sono le seconde elezioni presidenziali da Paese "libero" nella sua storia; il primo voto, nel 2007, è stato caratterizzato da violenti scontri l'anno precedente - durante la campagna elettorale - che hanno causato 37 morti e rischiato di far precipitare Timor Est in una vera e propria guerra civile.
Oggi 1,1 milioni di cittadini si sono recati alle urne, nel primo di una serie di eventi chiave che determineranno la stabilità futura della nazione. Fra gli altri, le elezioni legislative a giugno ed entro fine anno - dopo tre di amministrazione Onu e 10 dalla piena indipendenza, nel 2002 - vi sarà il ritiro completo delle truppe delle Nazioni Unite che hanno sinora garantito la sicurezza.
Dodici i candidati che si sfidano per la carica presidente, anche se la vittoria finale si gioca fra tre personalità di spicco del Paese: l'attuale presidente, il 62enne Ramos Horta (Nobel per la pace nel 1996 insieme al vescovo Carlos Belo), il leader del Fretlin Party Francisco "Lu Olo" Guterres - che ha perso la sfida alle precedenti elezioni - e l'ex capo delle Forze armate Taur Matan Ruak. Esperti di politica locale puntano sulla vittoria di quest'ultimo, visto come "uomo forte" della nazione, considerato un "eroe" dalla popolazione e in grado di garantire la stabilità.
Fra i vari problemi, Timor Est deve risolvere l'annosa dipendenza dalle fonti energetiche del sottosuolo - gas e petrolio - che pur essendo di portata minima costituiscono il 90% circa dell'indotto statale. Il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha definito la nazione "l'economia più dipendente dal petrolio al mondo". Il 95% dei timoresi sono di fede cattolica, ma vi sono pure piccole comunità di musulmani e protestanti. In passato la nazione ha vissuto lunghi periodi di criticità alimentari e carestie, nonostante gli aiuti forniti dalla comunità internazionale (cfr. AsiaNews 16/10/2008, Per almeno cinque mesi all'anno i timoresi vanno a letto affamati).