Timidi spiragli di riappacificazione a Beirut
Beirut (AsiaNews) – Un piano in quattro punti per un accordo tra maggioranza e opposizione in Libano sarà presentato dal segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa che la settimana prossima, l’8 secondo il deputato della maggioranza Marwan Hamadeh, tornerà a Beirut. E’ una delle notizie che fanno sperare nella possibilità di una evoluzione positive della crisi libanese, che tra ieri ed oggi registra timidi movimenti “pacificatori” interni ed internazionali. Oltre all'annunciato ritorno di Moussa, la firma da parte di due leader cristiani di opposte fazioni, Aoun e Frangieh, della "dichiarazione di Bkerke" e la previsione che del Paese dei cedri si dovrebbe occupare, oggi, la riunione del Quartetto – Onu, Usa, Russia ed Ue – che avrà però come primo punto all’ordine del giorno a rivitalizzazione della road map, o forse, il suo superamento.
Il piano di Moussa, secondo quanto anticipato da più parti, dovrebbe prevedere l’istituzione del tribunale internazionale per giudicare i responsabili delle uccisioni politiche in Libano, a partire da quella dell’ex premier Rafic Hariri, un governo di unità nazionale, la stesura di una nuova legge elettorale seguita dal voto, che potrebbe comprendere anche l’elezione di un nuovo presidente della Repubblica.
Il governo di unità nazionale – che insieme alla formazione del tribunale internazionale è il vero nodo della crisi – dovrebbe essere composto di 30 membri: 19 della maggioranza e 10 dell’opposizione, più uno “neutro”, già definito dai giornali “ministro-re”. In tal modo, l’opposizione non avrebbe il cosiddetto “terzo di bloccaggio”, che chiede fin dall’inizio della crisi e che le consentirebbe, secondo la legge libanese, di impedire qualsiasi decisione del governo, ma la maggioranza non potrebbe adottare provvedimenti che non trovino d’accordo anche il ministro “neutro”.
Secondo quanto l’ambasciatore della Lega a Beirut, Abdel Rahman al-Solh, ha detto alla Voce del Libano, l’iniziativa di Moussa ha il sostegno delle “capitali mondiali” ed è “l’unica che può arrivare alla soluzione agognata”. Significativa, in tal senso, è considerata la visita che il segretario della Lega si prepara a compiere a Mosca, storico alleato della Siria, alla quale, si ritiene, chiederà di convincere Damasco a non boicottare la sua proposta. In cambio, offrirebbe una dilazione pratica del tribunale internazionale – che la Siria non vuole a causa del più che probabile coinvolgimento di suoi esponenti di vertice – che verrebbe approvato nell’istituzione, ma convocato solo alla fine dell’inchiesta che stanno conducendo le Nazioni Unite.
Sul piano interno, un segnale positivo viene, almeno formalmente, dalla firma, avvenuta ieri, della “dichiarazione di principi” elaborata dal Patriarcato maronita da parte di leader politici cristiani di opposto schieramento: Michel Aoun dell’opposizione e Sleiman Frangieh della maggioranza. La dichiarazione impegna al rispetto delle “costanti maronite”, che comprendono sostanzialmente il rifiuto della violenza, anche verbale e l’accettazione della via democratica.
Da parte loro, le Forze libanesi hanno detto di aderire senza riserve al patto.