Tiananmen, un uomo si dà fuoco contro il sistema giudiziario comunista
La vittima, identificata soltanto come “Wang”, è in prognosi riservata. Superando i rigidi controlli della piazza, simbolo e cuore della Cina comunista, è riuscito a auto-immolarsi vicino al ritratto di Mao che campeggia sulla scena. Tornano i suicidi contro le ingiustizie del governo.
Pechino (AsiaNews) - Le autorità cinesi hanno confermato oggi che un uomo di 42 anni si è dato fuoco in piazza Tiananmen per protestare dopo una disputa legale conclusasi in maniera ingiusta. È la prima volta dal 2001 che la piazza – cuore e simbolo della Cina comunista – diventa teatro di un atto di protesta tanto eclatante. L’uomo, identificato come “Wang” della città di Huanggang, è stato soccorso dagli agenti di polizia che hanno spento il fuoco. Ora si trova in ospedale in prognosi riservata.
Secondo il bollettino dell’Ufficio di pubblica sicurezza che conferma l’accaduto “intorno alle 11 del mattino del 21 ottobre un uomo si è incamminato sul ponte Jinshui e ha dato fuoco ai propri vestiti. La polizia in servizio sulla piazza ha impiegato soltanto 10 secondi per spegnere il fuoco e lo hanno portato in ospedale per le cure mediche del caso”. Una coppia di turisti inglesi presenti sulla scena hanno confermato l’accaduto alla Bbc: “Una scena orribile. Anche senza vestiti continuava a bruciare. Era vicino al ritratto di Mao”.
Le auto-immolazioni con il fuoco non riguardano dunque soltanto il Tibet, dove negli ultimi mesi 11 monaci e monache buddisti hanno cercato di suicidarsi contro la repressione del governo. Forma di protesta estrema abbastanza praticata in Asia, sembrava essere sparita da alcuni anni in Cina: nel 2004 e nel 2005, diversi lavoratori migranti avevano scelto questa forma di suicidio per protestare contro gli abusi e i mancati pagamenti che venivano loro imposti dai datori di lavoro.
Soprattutto nei giorni precedenti il Capodanno cinese – data che secondo la tradizione viene usata per pagare gli stipendi e saldare i debiti – il numero degli immolati si alzava in maniera impressionante. Piuttosto che tornare a casa a mani vuote, e perdere così la faccia davanti ai familiari, questi lavoratori (il vero motore della crescita cinese) decidevano di darsi fuoco: un modo per accrescere l’attenzione sulle ingiustizie subite.
Secondo il bollettino dell’Ufficio di pubblica sicurezza che conferma l’accaduto “intorno alle 11 del mattino del 21 ottobre un uomo si è incamminato sul ponte Jinshui e ha dato fuoco ai propri vestiti. La polizia in servizio sulla piazza ha impiegato soltanto 10 secondi per spegnere il fuoco e lo hanno portato in ospedale per le cure mediche del caso”. Una coppia di turisti inglesi presenti sulla scena hanno confermato l’accaduto alla Bbc: “Una scena orribile. Anche senza vestiti continuava a bruciare. Era vicino al ritratto di Mao”.
Le auto-immolazioni con il fuoco non riguardano dunque soltanto il Tibet, dove negli ultimi mesi 11 monaci e monache buddisti hanno cercato di suicidarsi contro la repressione del governo. Forma di protesta estrema abbastanza praticata in Asia, sembrava essere sparita da alcuni anni in Cina: nel 2004 e nel 2005, diversi lavoratori migranti avevano scelto questa forma di suicidio per protestare contro gli abusi e i mancati pagamenti che venivano loro imposti dai datori di lavoro.
Soprattutto nei giorni precedenti il Capodanno cinese – data che secondo la tradizione viene usata per pagare gli stipendi e saldare i debiti – il numero degli immolati si alzava in maniera impressionante. Piuttosto che tornare a casa a mani vuote, e perdere così la faccia davanti ai familiari, questi lavoratori (il vero motore della crescita cinese) decidevano di darsi fuoco: un modo per accrescere l’attenzione sulle ingiustizie subite.
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