Thailandia: la violenza del governo spinge i civili ad unirsi ai ribelli
Bangkok (AsiaNews/Agenzie) – La violenza dell’esercito nel sud della Thailandia favorisce l’arruolamento di numerosi islamici nelle fila dei ribelli.
La denuncia arriva dall’International Crisis Group (Icg), che in un documento esprime “reale preoccupazione” per l’aumento dell’influenza di gruppi islamici – tra cui il Jemaah Islamiah - nella regione. Secondo i ricercatori del Gruppo i civili della zona “hanno più paura dell’esercito che dei ribelli” e “per questo motivo i reclutatori dei ribelli trovano persone disposte ad unirsi a loro”. “Le persone – continua - vengono avvicinate e dopo 2 mesi di conversazioni molti di loro iniziano anche l’addestramento fisico”.
Gli scontri fra ribelli ed esercito hanno provocato centinaia di morti negli ultimi 16 mesi. Gli attentati ribelli avvengono per la maggior parte tramite esplosivo casalingo lasciato sui binari del treno o ai bordi delle strade. “Gli obiettivi principali dei ribelli – continua il documento – sono la polizia o l’esercito ma anche i civili, buddisti o musulmani, vengono colpiti perché ritenuti ‘informatori’”.
Eppure la popolazione si sta schierando dalla parte dei ribelli perché Bangkok ha deciso di rispondere con la violenza agli attentati: l’esercito thailandese ha infatti represso nel sangue una manifestazione di musulmani il 28 aprile nella provincia di Narathiwat, ed ha ucciso 78 persone.
La preoccupazione maggiore del governo e delle Ong presenti nel Paese è che questa situazione attiri in Thailandia i jihadisti dall’estero. Secondo il documento vi sono già stati numerosi contatti con estremisti di Indonesia, Malaysia e Singapore.