Thailandia: incertezza sul voto, possibile nuova crisi politica
Anche se vince, il premier non riuscirà a formare il nuovo governo; non si è raggiunto il quorum del 20 % previsto dalla Costituzione per convalidare il processo elettorale. I cattolici spronati al voto; i buddisti critici verso Thaksin.
Bangkok (AsiaNews) Non vi sono ancora risultati ufficiali per il voto thailandese, ma sembra che il premier uscente Thaksin Shinewatra dovrà affrontare una nuova crisi nazionale a causa del grande numero di astenuti nella parte centrale e settentrionale del Paese.
Le elezioni si sono svolte ieri, ma la Commissione elettorale afferma che non vi potranno essere risultati certi almeno fino a martedì 4 aprile. Secondo fonti non ufficiali i candidati del Partito di maggioranza Thai Rak Thai, guidato dal premier, sono stati sconfitti in 27 distretti di Bangkok sui 36 disponibili.
Analisti politici sottolineano che in ogni caso "sarà difficile" per il nuovo governo formare una coalizione che guidi il Paese perché non sarebbe stato raggiunto il 20 % dei voti totali, il minimo richiesto dalla Costituzione per dare il via alla formazione di un nuovo governo.
In sede elettorale si sono verificati diversi incidenti: almeno quattro persone sono state arrestate per aver distrutto le urne elettorali dei loro distretti. Fra questi vi è Chaiyan Chaiyaporn, famoso giurista dell'Università Chulalongkorn, ma casi simili si sono verificati nel Surat Thani, a Patalung ed a Ayudhaya.
Per Pravej Wasi, medico in pensione del Siriraj Hospital (il più antico di Bangkok) ed analista politico, "il vero problema di questa nazione non si risolve con il voto perché il premier, pur ottenendo la maggioranza nazionale in quanto molto spesso unico candidato, non ha risolto il conflitto di interessi che lo ha costretto a sciogliere le Camere. La tensione potrebbe far rinascere la violenza in tutto il Paese".
Lo scioglimento del Parlamento e la chiamata alle urne sono stati infatti decisi in maniera unilaterale dal primo ministro dopo che l'opposizione aveva chiesto lo sue dimissioni a causa di un presunto scandalo economico che ha colpito lui e la sua famiglia. Thaksin ha rifiutato la proposta ed ha sciolto il corpo legislativo: in risposta, i tre maggiori partiti d'opposizione hanno iniziato una campagna di astensionismo e proteste pubbliche durata oltre due settimane.
La Chiesa cattolica ha invitato più volte tutta la nazione al voto "diritto e dovere di ogni cittadino": ad ogni messa ed in tutti i bollettini parrocchiali i sacerdoti hanno spronato i fedeli a "decidere secondo coscienza, ma andare a votare".
Diversa la posizione dei buddisti, maggioranza del Paese: il giorno del voto Phrathammakosajarn, abate del tempio della capitale Prayoonwongsawas, ha criticato il capitalismo che ha divorato il Paese con l'avvento del premier e lo ha definito "il demolitore della società rurale thailandese". "Secondo questi principi economici ha detto nelle campagne vi saranno solo donne e bambini, mentre gli uomini saranno in giro per cercare lavoro".
L'abate ha contrapposto a questa teoria "l'economia auto-sufficiente" lanciata negli anni '50 dal re Bhumibol Adulayadej che "salvaguarda i valori etici e morali della realtà rurale thailandese messi da parte dal primo ministro".