18/01/2006, 00.00
THAILANDIA
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Thailandia del sud, due morti e un nome dietro le continue violenze

La rivolta nelle province a maggioranza musulmana fa altre due vittime; prorogato lo stato d'emergenza. Forze della sicurezza nel sud-est asiatico ritengono di aver individuato il principale responsabile degli ultimi due anni di violenze.

Narathiwat (AsiaNews/Agenzie) – Le violenze nel sud della Thailandia fanno altre due vittime mentre le forze di sicurezza del sud est asiatico ritengono di aver identificato chi si nasconde dietro gli scontri che da due anni insanguinano la zona. La polizia ha riferito che ieri sera un uomo di 65 anni, Prom Suwanro, è stato ucciso da due presunti militanti islamici mentre tornava a casa in motorino a Narathiwat. Stesso sospetto per i responsabili dell'omicidio di questa mattina nella vicina provincia di Yala: vittima un poliziotto di 23 anni morto per colpi di arma da fuoco. Sempre a Yala è esplosa una bomba che ha ferito tre soldati di scorta a un gruppo di insegnanti.

Le violenze nelle province meridionali della Thailandia, a maggioranza musulmana, risalgono al 4 gennaio 2004, quando un gruppo di militati islamici ha fatto incursione in un deposito di armi a Narathiwat, ai confini con la Malaysia. Da allora sono morte più di 1100 persone in una lotta che vede confondersi gli interessi di crimine organizzato, corruzione locale e estremismo islamico, che chiede l'indipendenza dal resto del Paese a maggioranza buddista.

Intanto le forze di sicurezza del sud-est asiatico ritengono di aver identificato in Shafie Mansor, 50 anni, il responsabile della sanguinosa guerriglia tra militanti e esercito. Questo insegnante di una scuola religiosa, latitante, è il leader del più grande gruppo armato separatista operativo nel sud del Paese, il National Revolutionary Front-Coordinate, o BRN-C. Secondo le informazioni della sicurezza, il BRN-C conta nelle sue fila circa 2 mila membri; ha un alto grado di organizzazione e un diffuso seguito tra i musulmani della zona; differisce da altri gruppi attivi nella regione, come la Jemaah Islamiah, perché il suo scopo è limitato ad ottenere l'indipendenza e non ad istituire uno grande stato islamico che leghi Malaysia, Indonesia e le isole meridionali delle Filippine.

Le informazioni delle forze di sicurezza su Shafie e il BRN-C sono il risultato di mesi di interrogatori a sospetti militanti islamici detenuti e al gruppo di musulmani thailandesi fuggiti nel nord della Malaysia lo scorso agosto.

Proprio ieri si sono rincorse voci, subito smentite, di un avvenuto rimpatrio di questi 131 rifugiati. La questione dei profughi aveva provocato una crisi diplomatica tra i due Paesi confinanti. La Malaysia, a maggioranza musulmana, non voleva procedere con un rimpatrio forzato, soprattutto senza garanzie di sicurezza per i rifugiati. Kuala Lumpur ha espresso disappunto per i metodi duri adottate dal governo thailandese nel reprimere la rivolta. Dal canto suo Bangkok sospetta che i ribelli oltrepassino il confine per evitare l'arresto.

Ieri, intanto, è stato prorogato di 3 mesi lo stato d'emergenza, decretato a luglio, per le province meridionali. Questo permette ai militari di procedere con arresti sommari dei militanti sospetti e garantisce loro l'immunità.

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