Testimone oculare di un sopruso picchiato a morte dai funzionari pubblici
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Percosso a morte dai funzionari amministrativi di Tianmen (Hubei) per avere filmato con il telefono cellulare un loro litigio con alcuni cittadini. Ma il Paese insorge contro il tentativo di nascondere i soprusi delle autorità e queste notizie sempre più circolano su media e siti internet di chat.
Il 7 gennaio Wei Wenhua, in auto con un amico, vede un acceso litigio tra decine di funzionari municipali e un gruppo di residenti rurali. Gli abitanti protestano perche le autorità scaricano da tempo i rifiuti vicino casa loro e vogliono impedire il passaggio dei camion, mentre decine di funzionari tentano di farli spostare. Secondo quanto dirà il suo amico, Wei si ferma e riprende con il cellulare i funzionari che picchiano la gente.
I funzionari gli dicono di andare via: quando si rifiuta, in più di 20 lo aggrediscono e continuano a colpirlo con pugni e calci anche dopo che getta il cellulare e grida di fermarsi. Si fermano solo dopo che è svenuto. Arriva all’ospedale già morto.
La notizia, riportata dalla stampa locale, tramite internet è presto conosciuta nell’intera Nazione. Ieri notte Xinhua ha riportato l’arresto di una decina degli aggressori.
Questi funzionari non sono poliziotti, ma sono spesso impiegati in compiti di ordine pubblico. Il problema – dice al South China Morning Post Song Ruliang, professore alla Scuola del Partito provinciale del Guangdong – è che “questi funzionari dipendono solo dall’amministrazione cittadina. Come risultato, agiscono in modo arbitrario”.
Intanto Zhu Wenna, direttrice editoriale del mensile Faren di Pechino, il 1° gennaio riporta la storia di Zhao Junping di Xifeng (Liaoning), che accusa il governo della contea e il segretario del Partito comunista locale Zhang Zhiguo di averle espropriato nel 2006 la stazione di benzina per costruire un centro commerciale, senza darle un adeguato indennizzo. Zhao è anche andata a Pechino per presentare una petizione al governo centrale, ma la polizia di Xifeng l’ha seguita e riportata indietro. E’ stata in carcere e ora è sotto processo per diffamazione ed evasione fiscale.
Pochi giorni dopo si presentano in redazione alcuni poliziotti di Xifeng, con un mandato di arresto contro la giornalista per calunnia, perché avrebbe diffuso “false notizie” su Zhang. La donna non c’è e ora è sparita, il suo editore Wang Fengbin si rifiuta di dire dove sia.
La notizia è riportata dalla stampa nazionale. Anche il People’s Daily, giornale ufficiale dei Giovani comunisti, critica l’uso della polizia da parte di funzionari che si ritengono diffamati. Zhang, contattato dal giornale Xinjing Bao di Pechino, dice che non ha ordinato alcun arresto e ignora perché la polizia di Xifeng abbia fatto oltre 800 chilometri fino a Pechino. In un giorno su internet ci sono oltre 30mila commenti, critici sull’uso strumentale del “potere giudiziario locale” da parte dei funzionari pubblici. “Che differenza c’è – chiede un messaggio – con gli imperatori feudali?”. (PB)