Terrorismo in Russia, utile a ceceni, a nazionalisti e a Putin
Mosca (AsiaNews) – Guerriglia cecena, gruppi wahabiti attivi del Caucaso, nazionalisti radicali sono i possibili mandanti della serie di atti terroristi avvenuti in Russia in questi giorni.
La bomba che la sera del 27 novembre scorso ha colpito il treno extra lusso Nevsky Express, in viaggio tra Mosca e San Pietroburgo ha iniziato la serie. Subito dopo l'esplosione che ha fatto 26 morti e 100 feriti , se ne è verificata una seconda poco distante e che probabilmente mirava a fare vittime tra i soccorritori e i superstiti. Ieri, la polizia russa ha trovato una macchina carica di esplosivo nei pressi della stazione ferroviaria di Segezh, nella regione di Karelia. Il 30 novembre, il primo ministro Vladimir Putin aveva definito un'altra esplosione avvenuta, senza vittime, stavolta sulla linea Tyumen – Baku un “secondo tentativo terroristico”. Tutto nel giro di tre giorni.
Per la strage del Nevsky, ufficialmente, gli inquirenti hanno annunciato di seguire la pista del terrorismo anche se finora non hanno specificato di che matrice.
Filone ceceno
Il Nevsky Express era già stato obiettivo di un attentato nel 2007, quando dopo un'esplosione che aveva danneggiato le rotaie, il treno era deragliato lasciando ferite 30 persone. Due ingusci sono ora sotto processo nella città di Novgorod. Gli imputati dichiarano di essere legati al leader dei ribelli ceceni, Doku Umarov, specializzato in attacchi ai trasporti pubblici. E proprio da qui arriva una delle rivendicazioni della bomba del 27 novembre. A firmarla sul sito Kavkazcenter.com, è il sedicente gruppo islamico “Quartier generale delle forze armate dell'Emirato del Caucaso”, che spiega di aver agito “su ordine dell'emiro del Caucaso, Umarov”. Il messaggio aggiunge che seguiranno “ulteriori attentati”. La stessa polizia russa, però, non sembra convinta della responsabilità. Gli estremisti caucasici sono già impegnati nelle loro zone e spesso rivendicano incidenti in cui non sono implicati: dai black out energetici, agli incidenti a centrali idroelettriche. Resta il fatto che più volte gruppi fondamentalisti hanno dichiarato di voler colpire in Russia, ampliando la strategia terroristica con azioni diversive e di sabotaggio al di fuori del Caucaso.
Il filone ultranazionalista
L’alternativa al filone ceceno è quella dei gruppi ultranazionalisti. Il quotidiano russo Gazeta ha pubblicato la rivendicazione dell’ultimo attentato al Nevsky Express recante la firma di “Combat 18”. Si tratta di un movimento militante di fanatici razzisti fondato in Inghilterra e la cui cellula russa è particolarmente attiva, con una lunga serie di crimini contro zingari, musulmani e immigrati. Ma colpire i burocrati e i manager che viaggiavano sul Nevsky Express sarebbe una svolta radicale nella strategia di questi gruppi. Gli stessi inquirenti hanno accolto con perplessità la rivendicazione.
Le conseguenze politiche
Dopo l'attacco al Nevsky, Vladimir Putin ha taciuto per due giorni, come è sua abitudine dopo gravi episodi di terrorismo: era successo così con l’assedio al teatro Dubrovka e Beslan. Ha parlato in occasione del tradizionale “botta e risposta” televisivo con la popolazione, in cui ha detto che è necessario rafforzare il controllo dei Servizi di intelligence e della polizia, perché il terrorismo nel Paese non è ancora stato sconfitto.
Al di là dell’identità del responsabile dell’attacco al Nevsky Express, in Russia si temono le conseguenze politiche di una possibile strategia del terrore. Basta ricordare poche date: con la raffica di bombe in alcuni palazzi di Mosca, nel 1999, la popolarità dell’allora primo ministro Putin iniziò a crescere tanto da portarlo alla vittoria delle presidenziali nel 2000; dopo l’attentato al Dubrovka, nel 2002, le autorità minacciarono la chiusura dell’emittente Ntv e inaugurarono l’attuale sistema di censura sulla tv; dopo la strage di Beslan, nel 2004, venne abolita l'elezione diretta dei governatori. E ora in molti pensano che la prossima “vittima” possa essere Internet.