Terrore tra gli ahmadi, che temono pogrom
di Benteng Reges
Dopo la decisione del governo di vietare le attività degli ahmadi, nella piccola setta aumenta la paura degli attacchi estremisti. Sulle porte di casa si vedono cartelli con scritto “Non siamo ahmadi”. Sulla questione della libertà religiosa si spacca la comunità musulmana.
Jakarta (AsiaNews) – Dopo il decreto ministeriale congiunto che ha vietato ogni loro attività in Indonesia, la piccola comunità ahmadi vive nella paura. La setta musulmana considerata però “eretica” dagli estremisti, è al centro di forti tensioni sociali nel Paese, che i primi di giugno hanno fatto temere l’esplodere di una guerra civile.
Il governo è intervenuto imponendo una restrizione, ma non l’eliminazione della comunità, come vorrebbero invece i fanatici islamici. E ora i 500mila ahmadi presenti nell’arcipelago, da anni oggetto di persecuzione e violenze, non si sentono al sicuro. Non serve a tranquillizzarli la presenza della polizia, dispiegata in alcuni luoghi sensibili con l’ordine di prevenire potenziali attacchi estremisti. La vaghezza del provvedimento governativo, infatti, contribuisce a creare un clima di caccia alle streghe. “Cosa ci è proibito di fare in particolare? – si chiede un membro ahmadi di Cileduk – di diffondere l’islam o di pregare?”. Stesse perplessità si registrano a Kuningan, Bali, Solo. A Sukabumi, West Java, per non finire vittime delle aggressioni fondamentaliste, alcune famiglie attaccano fuori dalla porta di casa la scritta “Non siamo musulmani ahamdi”. L’episodio ricorda un triste capitolo della recente storia indonesiana. Nel 1998, durante le sanguinose rivolte anti-cinesi, molti indonesiani di origine cinese sono stati costretti ad affiggere un cartello simile - “Siamo musulmani e nativi indonesiani” – per salvarsi la vita.
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