Terra Santa, la "morte della speranza" si sconfigge con l'impegno di Europa ed America
Il padre francescano di Terra Santa David-Maria A. Jaeger riflette sulla "morte della speranza" in così tanti cuori di Israele e Palestina e disegna alcune prospettive di pace, raggiungibili solo da una rinnovata unione fra Europa e Stati Uniti, basata sulla riscoperta delle comuni radici spirituali.
Gerusalemme (AsiaNews) Fra gli osservatori della tragedia infinita della Terra Santa, persino il più indurito non potrebbe trattenere le lacrime davanti alla morte di 17 membri della stessa famiglia allargata, uccisi insieme ad altri civili dal fuoco dell'artiglieria in una piccola cittadina della parte nord della Striscia di Gaza. Dal figlio più piccolo al nonno ottuagenario, sono stati trattati tutti allo stesso modo.
Mentre il numero di vittime in un singolo episodio di guerra ha attirato una straordinaria attenzione, continua in maniera quasi regolare la morte di innocenti, come se non vi fosse una fine in vista. Non si vede un termine neanche al terrore che in modo incessante colpisce i residenti della parte di Israele che confina con la Striscia: vivono sotto la continua minaccia che diviene realtà dei missili scagliati contro di loro dall'altra parte del confine.
Predire con feroce determinazione solo nuovo sangue ed altre lacrime è divenuto ormai la norma in entrambi i lati del confine, come se ci si trovasse in uno di quei racconti di fantasia in cui si parla di infinita inimicizia tribale, in cui l'unico obiettivo da raggiungere alla fine è quello di rimanere "l'ultimo uomo rimasto in piedi".
Questo è ciò che colpisce maggiormente l'osservatore: l'apparente morte della speranza. Essa appare morta perché non vi è, al momento, alcun piano o progetto che cerchi di portare pace. Al massimo, ciò di cui si parla in ogni ambiente è "ridurre il livello della violenza". I dialoghi di pace sembrano per tutti una patetica illusione.
Dato che i 2 popoli della Terra Santa appaiono consumati dagli ultimi 6 anni circa, questa può sembrare un'osservazione amara ma non sorprendente. Al contrario, risulta veramente sorprendente l'evidente indifferenza con cui "il mondo" osserva. Sembra che ognuno stia semplicemente fissando alla tragedia attraverso i propri occhi, come se non fosse niente di più di uno di quegli spregevoli reality show che mostra la televisione.
E' evidente che al momento non vi è quasi alcuna realistica speranza di vedere la nazione israeliana o quella palestinese iniziare di loro spontanea volontà un negoziato di pace. I raffazzonati tentativi della decade trascorsa, il sangue che si è sparso in quella attuale, le reciproche demonizzazioni e la disumanizzazione, tutto questo ha sempre di più allontanato dalle orbite di governo delle 2 nazioni il desiderio di cercare da soli la strada che conduce alla pace.
Allo stesso modo, è evidente che "il mondo" deve prendere di nuovo l'iniziativa, e questa volta deve farlo in maniera decisiva, cercando di giungere ad una conclusione che sia vincente. Il tempo a disposizione per le arcane alchimie di road map verso il nulla è finito, se mai ve ne è stato. Si è esaurito il tempo a disposizione per parlare di un "processo di pace" virtuale, che deve essere sostituto dalla pace stessa.
Tuttavia è interessante il fatto che, proprio mentre la situazione sul campo continua a degenerare, crescono nuove possibilità per darle un rimedio definitivo. Il presidente degli Stati Uniti, nel corso dei 2 anni che rappresentano la seconda ed ultima parte del suo secondo mandato, è in una posizione unica e molto propizia per riprendere la Conferenza di pace, che suo padre aveva convocato, e quindi di poter lasciare in eredità una conquista senza precedenti che rilancerebbe fra le nazioni il prestigio americano di guardiano della libertà, lavorando in maniera generosa per assicurare a tutti libertà e giustizia, insieme a pace e sicurezza.
Anche in Europa si muove qualcosa di nuovo, anche se fino ad ora ad un livello sotterraneo. Il Vecchio continente potrebbe averne abbastanza, per un periodo, dei suoi sforzi auto-referenziali tesi a definire se stesso e potrebbe capire che questa "identità" potrebbe essere trovata guardandosi intorno, che potrebbe meglio "trovare se stesso" se mette le sue vaste risorse materiali e morali al servizio degli altri.
Qualunque cosa la "costituzione" europea ancora in stallo possa dire o non dire esplicitamente sulle radici del continente, non si può negare che queste derivano, in grande parte, proprio dalla Terra Santa, e che anche il futuro dell'Europa è collegato in maniera molto significativa con quello del Vicino Oriente.
Non sorprende che l'Italia, amica fedele di arabi ed israeliani con cui predica l'equivicinanza possa operare in maniera positiva una leadership nell'area, come ora fonti vicine al governo mi riferiscono.
Alla fine di tutto, il miglior tipo di trionfo della "civilizzazione occidentale" sarebbe la potente riscoperta da parte di Stati Uniti ed Europa della loro essenziale alleanza, unendosi in questo tentativo di pace per la Terra Santa, la loro comune madrepatria spirituale.
La pace non dovrebbe unire coloro i quali la guerra ha da poco diviso?