Tensioni tra Erbil e Baghdad, stavolta c’è di mezzo il gas
Le autorità del Kurdistan iracheno difendono l’accordo con la tedesca RWE per il trasporto del suo gas in Europa attraverso il Nabucco, ritenuto illegale dal governo centrale. Continua lo stallo politico mentre con la conclusione ufficiale del ritiro Usa da oggi l’Iraq “è sovrano e indipendente”, secondo il premier al-Maliki.
Baghdad (AsiaNews) – Nuovo schiaffo a Baghdad da parte della regione semiautonoma del Kurdistan: l’accordo con la tedesca RWE per lo sviluppo di giacimenti di gas e il successivo trasporto dell’oro blu iracheno verso l’Europa attraverso il Nabucco. Lo scorso 27 agosto le autorità curde hanno reso noto l’accordo con la seconda azienda di servizi pubblici più grande di Germania, chiuso in modo autonomo senza l’approvazione del governo centrale. E subito è infuriata la polemica.
Secondo l’accordo, la RWE fornirà know-how per lo sviluppo delle riserve interne e delle infrastrutture di trasporto del gas esportato, utilizzando il gasdotto Nabucco come rotta per il gas curdo verso Occidente. Secondo il ministro curdo delle Risorse naturali, Ashti Horami, 20 miliardi di metri cubi di gas curdo-iracheno all’anno potrebbero alimentare Nabucco. Questo mira a trasportare gas dalla regione del Caspio in Europa per alleggerire la dipendenza energetica del Vecchio Continente dalla Russia.
Come atteso, lo scorso 29 agosto, Baghdad ha bollato come illegale l’iniziativa di Erbil, che dal canto suo ha fatto sapere ieri di ritenersi in piena regola. “Continueremo con successo a sviluppare le nostre riserve di gas e petrolio in linea con la Costituzione, che è stata accettata dalla maggioranza degli iracheni”, ha detto Falah Mustafa Bakir, capo del dipartimento per le Relazioni estere del governo curdo. In Iraq convivono con difficoltà due posizioni sulla questione delle risorse energetiche. Baghdad sostiene che esplorazione, trivellazione, raffinazione ed export, su tutto il territorio nazionale, sono attività che cadono sotto la sua giurisdizione. Erbil non è d’accordo: parla di un suo diritto a gestire le attività autonomamente garantito dalla Costituzione irachena, che a riguardo non è molto chiara. Il Kurdistan ha così sviluppato diversi giacimenti, firmando contratti con una ventina compagnie straniere, che il governo centrale ha dichiarato da anni illegali.
Non si sblocca la situazione politica
“Non aspetteremo le istruzioni di un ministro perdente come quello del Petrolio iracheno”, ha dichiarato Bakir. E lo stallo politico, in cui da cinque mesi versa il Paese dopo le elezioni del 7 marzo, contribuisce solo a rinfocolare queste posizioni.
Il nodo da sciogliere è ancora il nome del primo ministro. Iraqiya – l’alleanza nazionalista guidata dall’ex premier Iyad Allawi, che ha vinto con stretta maggioranza le elezioni - accusa la National Alliance – la coalizione che ha riunificato gli sciiti e in cui è presente anche l’attuale primo ministro Nuri al-Maliki – di porre ostacoli in modo che il tutto si risolva in un nulla di fatto. Da settimane il blocco sciita litiga sul nome del candidato premier: al-Maliki vuole a tutti i costi un secondo mandato, ma i partner sciiti non ci stanno. E nessuno intende mollare. Secondo Iraqiya, si tratta solo di un gioco delle parti per prendere tempo e bloccare la strada verso il governo alla lista laica di Allawi.
"Da oggi l'Iraq è indipendente"
La speranza di trovare una soluzione, senza l’intervento pesante di Paesi vicini come Iran e Siria, appare ancora più lontana dopo il ritiro americano dall’Iraq. Il presidente americano Barak Obama segnerà stasera la data simbolica della fine delle operazioni di combattimento dopo sette anni dall’invasione del Paese. Parlando dallo Studio Ovale, si rivolgerà agli americani in un discorso teletrasmesso a livello nazionale alle 20 (ora locale). Il numero delle truppe americane ancora presenti in Iraq è inferiore alle 50mila unità. La loro missione sarà, ora, consigliare e sostenere l’esercito iracheno. Per molti analisti il vuoto lasciato dagli Usa sarà riempito presto dai vicini Iran e Siria, lasciando posto a scenari da guerra civile. Ma questo non sembra preoccupare i vertici del Paese. Per al-Maliki “da oggi l’Iraq è sovrano e indipendente”. (LYR)
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