Teheran: contro la corruzione, licenza di uccidere
Teheran (AsiaNews) - Una delle piaghe di alcuni Paesi islamici è l’impunità di fatto per la vendetta e altri “crimini d’onore”, in genere commessi all’interno della famiglia. Però, in Iran, dei “volontari” (Bassij, legati alla milizia islamista Pasdaran) possono anche compiere questo tipo di atti senza essere puniti. Basta la sincera convinzione di agire “contro la corruzione morale”.
Il 14 aprile, la Corte suprema iraniana ha infatti assolto sei Bassij che avevano ucciso cinque persone a Kerman, tra il 2002 e il 2003, perché erano “moralmente corrotte”. Il tribunale locale li aveva condannati a morte, ma dopo una serie di processi e ricorsi, le autorità giudiziarie supreme di Teheran hanno ammesso la legittimità di uccisioni anche crudeli e, in un caso almeno, fondate su voci false.
Prima vittima di questo gruppo di Bassij, un giovane di 19 anni. Accusato di traffico di droga, è stato portato in un posto isolato, lapidato e sepolto ancora vivo. Una settimana dopo, un’altra persona è stata strangolata e alcuni mesi più tardi, ancora sotto accusa di traffico di droga, una donna è stata lapidata a morte da questi “volontari”.
Le due ultime vittime, una coppia, sono state precipitate in un pozzo. “Non sapevamo che erano sposati e pensavamo che avevano delle relazioni illegittime”, ha dichiarato uno degli accusati al processo. Gli omicidi erano stati incoraggiati da una videocassetta, dove un mullah (si crede fosse il famoso estremista Mesbah Yazdi, probabile direttore spirituale di Ahmadinejad) affermava che i cittadini hanno il diritto di uccidere le persone considerate come “moralmente corrotte”, se lo Stato non agisce contro di loro. Tutto questo, in modo extragiudiziario, di qua dalle garanzie previste dal diritto coranico tradizionale e dal codice penale iraniano.
La stupenda clemenza dei 50 giudici “supremi” iraniani potrebbe avere conseguenze gravissime sulla criminalità e la violenza civile in Iran. Diminuisce ancora un po’ la credibilità internazionale – ed interna – di un sistema giudiziario che mette in prigione i dissidenti pacifici (sindacalisti, giornalisti, femministe, studenti o insegnanti) ma che tollera uccisioni commesse dai Bassij. Il sistema giudiziario iraniano soffre d’altre carenze, tra l’altro leggi contraddittorie, giudici spesso ignoranti, corruzione, assenza d’indipendenza dal potere politico.
A proposito, l’idea e il principio politico che Ahmadinejad ha sempre in bocca è, in farsi, “adalat”, cioè “giustizia”.