Taxi, scuole, case: le proteste contro il carovita colpiscono Israele
di Joshua Lapide
Migliaia di genitori, insegnanti e studenti marciano contro l’alto costo delle scuole. I tassisti bloccano il traffico contro l’alto prezzo del gasolio. In molte città continua la protesta delle tende contro il caro-casa. Israele, nato con sogni ugualitari e socialisti, è uno dei Paesi con un abisso fra ricchi e poveri fra i più grandi.
Tel Aviv (AsiaNews) – Migliaia di persone stanno attuando una serie di proteste in tutto il Paese per criticare il governo Netanyahu su diversi problemi del carovita: case, cibo, vestiario, educazione. Questa mattina si sono anche aggiunti i tassisti che hanno bloccato il centro di Tel Aviv per protestare contro l’alto costo del gasolio. Intanto continua in diverse città la protesta delle “tende” contro il caro-casa.
Stamane centinaia di guidatori di taxi hanno fermato il traffico ad uno degli incroci principali fra la Kaplan e la Menachem Begin street. Poi si sono diretti verso il nord della città, dove hanno tenuto un altro rally.
Oggi pomeriggio verso le 17.30 in 11 luoghi diversi in Israele centinaia di genitori e insegnanti marceranno per protestare sulle difficoltà economiche che si incontrano nel far crescere i figli e per criticare i tagli all’educazione da parte del ministero, che porta a una riduzione dei salari e a una crescita delle spese per i genitori.
Alla marcia si uniscono studenti liceali e universitari, insieme al gruppo degli scout, che terranno un sit-in davanti al ministero dell’educazione. Fra le città interessate alla marcia vi sono, fra l’altro, Tel Aviv, Ariel e Hetzliya.
Ieri vi sono state altre proteste in molte città israeliane, da Be’er Sheva, nel sud, a Kiryat Shmona nell’estremo nord. Tutti accusavano il governo Netanyahu di non fare a sufficienza per la popolazione israeliana, che diviene sempre più povera, mentre vi sono famiglie che divengono ricchissime.
L’ondata di proteste – definita con un certo humor “la piazza Tahrir israeliana” - è iniziata alcune settimane fa, quando Daphne Leef e una ventina di amici hanno piazzato tende in una pazza centrale di Tel Aviv, alla fine del Rothschild Boulevard, per criticare l’alto costo delle case.
Secondo un analista israeliano, Noah Efron, negli ultimi cinque anni i prezzi degli appartamenti sono cresciuti del 65%, rendendo impossibile l’acquisto da parte delle classi medio-basse. Molti, per riuscire a pagare il mutuo, devono prendere due o tre lavori, senza nemmeno essere sicuri di farcela.
La protesta delle “tende” si è diffusa a macchia d’olio, con manifestazioni in tante città, che hanno raccolto centinaia di migliaia di persone. Ma dalla casa, le lamentele sono passate al costo della vita, all’educazione, alla sanità, ai salari.
La protesta è ancora più forte se si pensa che lo Stato d’Israele era nato con sogni ugualitari e socialisti. Invece, negli ultimi 25 anni, la forbice fra ricchi e poveri si è allargata dall’essere la più bassa fra i Paesi sviluppati, all’occupare il quinto posto fra i Paesi dell’Oecd (Organisation for Economic Co-operation and Development). A tutt’oggi un israeliano su quattro vive sotto la soglia della povertà e uno su tre bambini vivono nella povertà.
A tale situazione non è estranea una politica di privatizzazione e di ritiro dello Stato dall’impegno sociale – compiuta sia dal Labour sia dal Likud (sinistra e destra israeliana) – colpendo scuole, ospedali, università, servizi sociali.
La situazione attuale è che l’affitto una casa di circa 90 mq costa due-tremila dollari Usa, impossibili da pagare per la maggioranza degli israeliani. Per gli studenti, le famiglie devono spendere fino a 100 dollari Usa al mese, per servizi scolastici che una volta erano gratis.
Secondo alcune inchieste, se la protesta delle “tende” fosse un partito, alle prossime elezioni vincerebbe 20 posti alla Knesset. In questi ultimi giorni anche i sindacati si stanno avvicinando alle richieste dei dimostranti.
Il movimento è bollato come “troppo di sinistra” e si teme che esso potrebbe legarsi a rivendicazioni simili da parte dei palestinesi. Personalità del gruppo hanno però dichiarato che il loro intento non ha alcuna valenza politica sulla questione israelo-palestinese.
Il ministro degli esteri Avidgor Libermann ha bollato le manifestazioni come opera di “bambini viziati” che non si accorgono di quanto ricchi essi siano.
Stamane centinaia di guidatori di taxi hanno fermato il traffico ad uno degli incroci principali fra la Kaplan e la Menachem Begin street. Poi si sono diretti verso il nord della città, dove hanno tenuto un altro rally.
Oggi pomeriggio verso le 17.30 in 11 luoghi diversi in Israele centinaia di genitori e insegnanti marceranno per protestare sulle difficoltà economiche che si incontrano nel far crescere i figli e per criticare i tagli all’educazione da parte del ministero, che porta a una riduzione dei salari e a una crescita delle spese per i genitori.
Alla marcia si uniscono studenti liceali e universitari, insieme al gruppo degli scout, che terranno un sit-in davanti al ministero dell’educazione. Fra le città interessate alla marcia vi sono, fra l’altro, Tel Aviv, Ariel e Hetzliya.
Ieri vi sono state altre proteste in molte città israeliane, da Be’er Sheva, nel sud, a Kiryat Shmona nell’estremo nord. Tutti accusavano il governo Netanyahu di non fare a sufficienza per la popolazione israeliana, che diviene sempre più povera, mentre vi sono famiglie che divengono ricchissime.
L’ondata di proteste – definita con un certo humor “la piazza Tahrir israeliana” - è iniziata alcune settimane fa, quando Daphne Leef e una ventina di amici hanno piazzato tende in una pazza centrale di Tel Aviv, alla fine del Rothschild Boulevard, per criticare l’alto costo delle case.
Secondo un analista israeliano, Noah Efron, negli ultimi cinque anni i prezzi degli appartamenti sono cresciuti del 65%, rendendo impossibile l’acquisto da parte delle classi medio-basse. Molti, per riuscire a pagare il mutuo, devono prendere due o tre lavori, senza nemmeno essere sicuri di farcela.
La protesta delle “tende” si è diffusa a macchia d’olio, con manifestazioni in tante città, che hanno raccolto centinaia di migliaia di persone. Ma dalla casa, le lamentele sono passate al costo della vita, all’educazione, alla sanità, ai salari.
La protesta è ancora più forte se si pensa che lo Stato d’Israele era nato con sogni ugualitari e socialisti. Invece, negli ultimi 25 anni, la forbice fra ricchi e poveri si è allargata dall’essere la più bassa fra i Paesi sviluppati, all’occupare il quinto posto fra i Paesi dell’Oecd (Organisation for Economic Co-operation and Development). A tutt’oggi un israeliano su quattro vive sotto la soglia della povertà e uno su tre bambini vivono nella povertà.
A tale situazione non è estranea una politica di privatizzazione e di ritiro dello Stato dall’impegno sociale – compiuta sia dal Labour sia dal Likud (sinistra e destra israeliana) – colpendo scuole, ospedali, università, servizi sociali.
La situazione attuale è che l’affitto una casa di circa 90 mq costa due-tremila dollari Usa, impossibili da pagare per la maggioranza degli israeliani. Per gli studenti, le famiglie devono spendere fino a 100 dollari Usa al mese, per servizi scolastici che una volta erano gratis.
Secondo alcune inchieste, se la protesta delle “tende” fosse un partito, alle prossime elezioni vincerebbe 20 posti alla Knesset. In questi ultimi giorni anche i sindacati si stanno avvicinando alle richieste dei dimostranti.
Il movimento è bollato come “troppo di sinistra” e si teme che esso potrebbe legarsi a rivendicazioni simili da parte dei palestinesi. Personalità del gruppo hanno però dichiarato che il loro intento non ha alcuna valenza politica sulla questione israelo-palestinese.
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