Taslima Nasrin: In fuga da un regime totalitario e corrotto
di Giulia Mazza
La famosa scrittrice racconta ad AsiaNews il suo esilio dal Bangladesh, il Paese “dalla veste democratica, ma che in realtà è solo un governo corrotto”. Per il suo romanzo Lajja (Shame, “vergogna”), Taslima è scappata dallo Stato nel 1994 per le minacce di morte di fondamentalisti islamici. Tutti i suoi libri sono vietati in patria.
Dhaka (AsiaNews) – “Il Bangladesh è un regime totalitario con un governo corrotto. Di democratico non c’è nulla, se non la veste con cui si presenta agli occhi del mondo”. Contattata da AsiaNews, Taslima Nasrin, nota scrittrice bengalese, non usa mezzi termini. Da 17 anni lontana dal Bangladesh e dalla sua famiglia, la donna è stata costretta a fuggire dal suo Paese nel 1994 perché minacciata di morte da un gruppo fondamentalista islamico. Il reato di Taslima, musulmana di origine ma che oggi si proclama atea, è di aver scritto nel 1993 Lajja (Shame, “vergogna”), un romanzo che racconta le vicende di una famiglia indù perseguitata da islamici. Blasfemo, per il governo bengalese dell’epoca (il Bangladesh Nationalist Party di Khaleda Zia, oggi all’opposizione), che lo vieta insieme agli altri libri dell’autrice. Non solo: alcuni fondamentalisti islamici lanciano tre fatwa (sentenza) contro Taslima, accusandola di blasfemia e chiedendo la sua morte per impiccagione. Dopo aver già abbandonato la professione di medico, nel 1994 lascia il Bangladesh e inizia a vivere in India, dove anche qui riceve minacce di morte.
I problemi per Taslima iniziano già qualche anno prima della pubblicazione di Lajja. “La mia libertà d’espressione – racconta l’autrice ad AsiaNews – è ostacolata dal 1990. All’epoca il primo ministro era Khaleda Zia, è il suo governo ad aver vietato i miei libri. Ma in questi anni, Sheikh Hasina (leader dell’Awami League e attuale premier, ndr) non ha fatto nulla per revocare questo bando. I miei libri continuano a essere vietati, i fondamentalisti vogliono la mia testa e non posso rivedere la mia famiglia”.
Dopo le minacce di morte e la fuga, l’autrice si è divisa tra Europa e India, diventando presto un simbolo della lotta contro il fondamentalismo, la difesa dei diritti di tutte le minoranze religiose e delle donne. La comunità internazionale le conferisce numerosi premi e riconoscimenti, ma per Taslima è più forte il senso d’abbandono: “In Bangladesh, nessuna ong mi ha difeso, né ha mai fatto nulla per togliere il bando sui miei libri. Per un certo periodo, anche in India ho subito minacce e attentati alla mia vita, e i miei romanzi sono stati bloccati. Eppure, almeno lì alcune organizzazioni hanno preso le mie difese, e alla fine la Corte suprema ha riconosciuto i miei diritti e la mia libertà”.
“Quello del Bangladesh – denuncia Taslima – è un governo corrotto, che in nome della democrazia mette a tacere le voci contrarie, con ogni mezzo. Ancora oggi, perseguono gli attivisti per i diritti umani, li imprigionano e li uccidono. E nessuno viene a sapere niente. Se lotti per i diritti di qualcuno, ti ritrovi costretto a fuggire per sopravvivere. I pochi che decidono di restare, devono affrontare continue minacce”.
Nonostante il bando, copie pirata di Lajja e altri romanzi della scrittrice circolano in Bangladesh. “Il governo – nota Taslima – non fa assolutamente nulla per bloccare chi stampa i miei romanzi. Mi batto anche contro questa forma di illegalità: perché i miei libri, per chi vuole, si possono trovare in modo gratuito sul mio sito internet. Perché lasciare impunito chi pubblica copie pirata, e arrestare poi l’innocente che compra uno di questi libri? Non ha senso”. Proprio di recente, il preside di una scuola tecnica di Dhaka è stato arrestato perché trovato in possesso di una copia di Lajja.
Oggi, Taslima Nasrin è in India. “Non posso rientrare in Bangladesh – conclude –, forse non rivedrò più la mia famiglia. Ma io non ho nulla da nascondere. I miei libri non sono blasfemi: sono solo una difesa assoluta delle minoranze che subiscono persecuzione e intolleranza. Per questo mi batterò sempre per la legalità”.
I problemi per Taslima iniziano già qualche anno prima della pubblicazione di Lajja. “La mia libertà d’espressione – racconta l’autrice ad AsiaNews – è ostacolata dal 1990. All’epoca il primo ministro era Khaleda Zia, è il suo governo ad aver vietato i miei libri. Ma in questi anni, Sheikh Hasina (leader dell’Awami League e attuale premier, ndr) non ha fatto nulla per revocare questo bando. I miei libri continuano a essere vietati, i fondamentalisti vogliono la mia testa e non posso rivedere la mia famiglia”.
Dopo le minacce di morte e la fuga, l’autrice si è divisa tra Europa e India, diventando presto un simbolo della lotta contro il fondamentalismo, la difesa dei diritti di tutte le minoranze religiose e delle donne. La comunità internazionale le conferisce numerosi premi e riconoscimenti, ma per Taslima è più forte il senso d’abbandono: “In Bangladesh, nessuna ong mi ha difeso, né ha mai fatto nulla per togliere il bando sui miei libri. Per un certo periodo, anche in India ho subito minacce e attentati alla mia vita, e i miei romanzi sono stati bloccati. Eppure, almeno lì alcune organizzazioni hanno preso le mie difese, e alla fine la Corte suprema ha riconosciuto i miei diritti e la mia libertà”.
“Quello del Bangladesh – denuncia Taslima – è un governo corrotto, che in nome della democrazia mette a tacere le voci contrarie, con ogni mezzo. Ancora oggi, perseguono gli attivisti per i diritti umani, li imprigionano e li uccidono. E nessuno viene a sapere niente. Se lotti per i diritti di qualcuno, ti ritrovi costretto a fuggire per sopravvivere. I pochi che decidono di restare, devono affrontare continue minacce”.
Nonostante il bando, copie pirata di Lajja e altri romanzi della scrittrice circolano in Bangladesh. “Il governo – nota Taslima – non fa assolutamente nulla per bloccare chi stampa i miei romanzi. Mi batto anche contro questa forma di illegalità: perché i miei libri, per chi vuole, si possono trovare in modo gratuito sul mio sito internet. Perché lasciare impunito chi pubblica copie pirata, e arrestare poi l’innocente che compra uno di questi libri? Non ha senso”. Proprio di recente, il preside di una scuola tecnica di Dhaka è stato arrestato perché trovato in possesso di una copia di Lajja.
Oggi, Taslima Nasrin è in India. “Non posso rientrare in Bangladesh – conclude –, forse non rivedrò più la mia famiglia. Ma io non ho nulla da nascondere. I miei libri non sono blasfemi: sono solo una difesa assoluta delle minoranze che subiscono persecuzione e intolleranza. Per questo mi batterò sempre per la legalità”.
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