Tamil e vedove di guerra dello Sri Lanka: Il governo ci ha abbandonati
Colombo (AsiaNews) - Restrizioni durante le celebrazioni religiose; violazione della libertà di associazione; distruzione della cultura tradizionale. Questa è la condizione in cui vive la popolazione del nord dello Sri Lanka, a maggioranza tamil. La denuncia arriva da alcuni sacerdoti cattolici del sud, membri del Christian Solidarity Movement (Csm). Durante un incontro tenutosi a Jaffna (Northern Province) con religiosi locali, alcuni prelati hanno ribadito che "c'è bisogno di una soluzione politica perché il popolo tamil sia riconosciuto parte della nazione". Ma problemi gravi investono anche chi vive nella zona est dell'isola, in particolare le vedove di guerra.
Per quasi trent'anni (1983-2009) l'isola è stata teatro di una sanguinosa guerra civile tra governo e ribelli delle Tigri Tamil (Ltte), un'organizzazione in lotta per creare uno Stato indipendente nelle province nord ed est del Paese (a maggioranza tamil). Trasformato presto in un conflitto etnico, esso si è risolto con la sconfitta dei ribelli (in seguito all'uccisione del loro leader, ) e perdite ingentissime. La guerra ha prodotto un vero e proprio scollamento interno alla popolazione, contrapponendo un nord-est tamil povero e con oltre 200mila profughi (Idp - Internally Displaced People), a un sud singalese ricco e prospero.
Dalla fine della guerra, leader religiosi e ong nazionali e internazionali hanno più volte denunciato la situazione in cui vivono i tamil ancora oggi. Nel raduno di Jaffna, sono emersi nuovi motivi di preoccupazione. "Ci sono tentativi - spiegano ad AsiaNews dei sacerdoti del sud - di 'singalesizzazione' delle aree tamil: costruzione di statue buddiste anche dove non vi sono seguaci di Buddha; aumento dei dottori singalesi, che non riescono a comunicare con buona parte dei pazienti perché non conoscono la lingua tamil".
Non se la passano meglio gli abitanti della Eastern Province. Nel distretto di Batticaloa, 184 vedove di guerra di cinque villaggi - Weligahakandiya, Kopawali, Thumpalochcholai, Kithul e Urukaamam - vivono ancora in baracche, senza acqua corrente, elettricità e servizi igienici. Problemi "seri e urgenti", spiega Laveena, una di queste donne, "che abbiamo illustrato in un rapporto, presentato al chief minister del distretto, Sivaneshathurai Chandrakanthan".
Il documento dipinge nel dettaglio la situazione complessiva dei cinque villaggi: 250 famiglie non ricevono il Samurdhi (programma di aiuto economico corrisposto dal governo ai gruppi più poveri); 647 famiglie senza bagni; 780 famiglie senza acqua potabile corrente; 790 famiglie senza elettricità; 584 famiglie che vivono in baracche.