Taipei spegne il suo penultimo reattore nucleare
A maggio 2025 Taiwan potrebbe diventare il primo Paese dell'Asia Orientale a uscire dall'utilizzo dell'energia atomica, confermando l'impegno preso dopo Fukushima. Ma le tensioni con Pechino hanno fatto crescere le preoccupazioni sulle forniture. Le opposizioni premono per ridiscutere la questione. Intanto la Repubblica popolare cinese ha avviato i lavori per due nuovi reattori facendo diventare ben 26 quelli in costruzione.
Taipei (AsiaNews/Agenzie) - Taiwan ha chiuso definitivamente sabato il reattore numero 1 della centrale nucleare di Ma-anshan, l’unica attiva, con la prospettiva di diventare nel maggio 2025, alla scadenza della licenza per l’altro reattore, il primo Paese non nucleare dell'Asia orientale. Il fermo dell’impianto, che si trova nella contea di Pingtung, è avvenuto mentre le forze politiche a Taipei continuano a essere divise sull'opportunità di estendere la vita degli impianti di energia atomica esistenti nel Paese.
Il reattore 1 di Ma-anshan era operativo dal 27 luglio 1984 ed è stato dunque fermato allo scoccare dei quarant’anni. Fino ad ora l’energia prodotta con il nucleare aveva contribuito per il 5% al fabbisogno del consumo energetico nazionale; da ieri questa quota è scesa al 2,8%. Secondo quanto dichiarato dal governo di Taipei la quota che verrà a mancare sarà bilanciata da una maggior produzione di una centrale a gas naturale liquido, anche se i critici sostengono che questo farà salire i costi di produzione e le emissioni di anidride carbonica.
L’incidente nella centrale nucleare di Fukushima in Giappone nel 2011 aveva fatto crescere nell’opinione pubblica di Taiwan l’opposizione all’uso di questa fonte energetica. Ma oggi il dibattito sul nucleare a Taiwan è alimentato anche dai timori che la Repubblica popolare cinese possa limitare le forniture energetiche all’isola attraverso un blocco militare.
Quando il Partito Democratico Progressista è entrato in carica nel 2016, l'allora presidente Tsai Ing-wen aveva dichiarato che il suo obiettivo era quello di rendere Taiwan libera dal nucleare entro il 2025, fissando un mix energetico del 50% di gas naturale, del 30% di carbone e del 20% di fonti rinnovabili. L’attuale governo non esclude di aumentare la quota di energia nucleare, ma sostiene che la tecnologia debba prima essere migliorata. I partiti dell'opposizione hanno invece sempre sostenuto il riavvio dei reattori nucleari.
Ancora nelle scorse settimane il parlamento di Taipei ha discusso per ore sull'opportunità di invertire la rotta rispetto al piano del governo di eliminare completamente l'energia nucleare, ma non si è arrivati ad alcuna votazione.
Taiwan prevede che entro il 2030 le energie rinnovabili costituiranno un quarto del suo mix energetico, rispetto al 12% circa di quest'anno. Si prevede, però, che il consumo di energia elettrica crescerà in media del 2,8% all'anno fino al 2033, trainato dal settore dell'intelligenza artificiale.
Nel frattempo chi continua a premere sull’acceleratore delle centrali nucleari è la Repubblica popolare cinese. Proprio nelle stesse ore in cui Taiwan spegneva il suo reattore sono cominciati i lavori di costruzioni di altri due nuovi impianti a Ningde, nella provincia cinese orientale del Fujian, e a Huaneng, nella provincia cinese orientale di Shandong, dove nel dicembre scorso è entrata in funzione la prima centrale nuclare di quarta generazione. Secondo i dati della China Nuclear Energy Association, la Cina ha 55 impianti nucleari operativi e 26 in costruzione (il numero più alto al mondo).