Swat: i cattolici pregano per la pace, il Paese affronta un esodo biblico
di Qaiser Felix
Cristiani, musulmani, indù e sikh esprimono una condanna unanime per le violenze dei talebani. A Faisalabad veglia di preghiera presieduta dal vescovo. Il numero dei profughi potrebbe toccare quota 1,5 milioni; 60 famiglie cristiane trovano rifugio a Peshawar.
Faisalabad (AsiaNews) – I cattolici del Pakistan pregano per la pace nello Swat e la salvezza dei profughi in fuga dalla guerra fra esercito e talebani; fedeli musulmani, cristiani, indù e sikh condannano le violenze degli estremisti islamici, mentre il Paese deve affrontare l’esodo di massa più grande della sua storia.
Settimana scorsa Islamabad ha lanciato una "offensiva finale" contro le milizie fondamentaliste nella valle di Swat, colpevoli di aver violato l’accordo di pace che prevedeva l’introduzione della Sahria in cambio del cessate il fuoco. Forti della legge islamica, negli ultimi mesi gli estremisti hanno perpetrato una violenta campagna di persecuzione contro le minoranze, eseguito omicidi sommari e fatto esplodere scuole e istituti femminili.
In queste ore migliaia di persone hanno abbandonato Mingora – la città più importante della Swat Valley – e i vicini distretti di Kanju e Kabal, approfittando della sospensione del coprifuoco decisa dai vertici militari. L’esercito riferisce che nelle ultime 24 ore sono stati uccisi 124 talebani e 9 soldati; il bilancio aggiornato delle vittime è di 870 morti fra gli estremisti islamici e 45 tra i governativi. Cifre che non trovano però conferme attraverso fonti indipendenti.
Nel frattempo il mondo cattolico si mobilita per chiedere la pace nel Paese. Ieri sera a Faisalabad più di cento donne hanno partecipato a una veglia di preghiera presieduta dal vescovo mons. Joseph Coutts e da p. Nisar Barkat, direttore della Commissione nazionale di Giustizia e pace. Il prelato ha sottolineato che le preghiere sono “la chiave” per raggiungere la pace, ma è altrettanto importante “condannare l’estremismo”. Al termine dell’incontro i leader cattolici hanno diffuso un comunicato in cui chiedono al governo di “concludere nel più breve tempo possibile le operazioni militari e assistere gli sfollati”.
“Attivisti e società civile hanno dato vita a diverse iniziative – ha poi spiegato mons. Coutts ad AsiaNews – e ciò sta a dimostrare che la società civile non sta dormendo, ma alza la propria voce contro la talebanizzazione del Pakistan”. Il vescovo di Faisalabad aggiunge che di recente ha partecipato a un incontro interconfessionale, promosso da organizzazioni non governative locali, al quale erano presenti cristiani, musulmani, indù, e sikh; il fronte – unito – ha condannato “le violenze dei talebani” e ribadito “il sostegno all’esercito governativo” nella lotta per la pace.
In questi giorni il Pakistan deve affrontare l’esodo di massa più grande dal 1947, anno della sua fondazione. L’agenzia Onu per i rifugiati riferisce che più di 834mila civili hanno lasciato la valle di Swat per sfuggire alle violenze. Se il conflitto continuerà a lungo, il numero dei profughi potrebbe toccare quota 1,5 milioni. Il programma di aiuto agli sfollati sfiorerà i 5 miliardi di dollari e potrà durare anche cinque anni. Fra le persone in fuga vi sono anche 60 famiglie cristiane, sfuggite alle persecuzioni dei fondamentalisti in seguito all’introduzione della legge islamica. Esse hanno trovato rifugio in centro di assistenza allestito a Rasalpur vicino a Peshawar, capoluogo della provincia di frontiera nord-occidentale (Nwfp).
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