Swat, due milioni di profughi in fuga. Gli aiuti di Caritas Pakistan
di Qaiser Felix
L’ente cattolico ha fornito generi di prima necessità ed elabora un piano articolato con il sostegno dei partner internazionali. Mons. Coutts sottolinea la “prudenza” degli interventi per non offendere la sensibilità di fedeli di religioni diverse e denuncia abusi verso le minoranze. Famiglie cristiane cacciate dai campi profughi.
Faisalabad (AsiaNews) – Materassi, ventilatori, tende da campo, cliniche mobili per garantire assistenza sanitaria, medicinali e generi di prima necessità. Caritas Pakistan, con l’aiuto dei vari partner internazionali, è in prima fila nell’assistenza dei “due milioni di profughi in fuga dalla guerra” fra esercito e talebani nella valle di Swat, secondo gli ultimi dati forniti dalle Nazioni Unite.
A raccontare il lavoro messo in campo dai volontari cattolici per i rifugiati è mons. Jospeh Coutts, vescovo di Faisalabad e direttore nazionale di Caritas Pakistan, il quale sottolinea la “prudenza” con la quale vengono forniti gli aiuti perché la zona “non è sicura” e non si vuole offendere la sensibilità di persone “di fede religiosa diversa”. “La nostra missione – aggiunge il prelato – è fornire aiuto, amore e assistenza a quanti vivono nel bisogno, come ci ha insegnato Gesù Cristo”.
Mons. Coutts riferisce che sinora sono stati forniti 300 materassi e 25 ventilatori nei campi profughi di Mardan, nella North-West Frontier Province (Nwfp). I rifugiati provengono da aree montuose e il caldo torrido dell’estate pakistana – dove si toccano punte di 50 gradi – potrebbe “aggravare l’emergenza”. Al momento i centri di accoglienza governativi di Sheikh Shahzad e Sheikh Yaseen ospitano circa 20mila persone e il numero “cresce di giorno in giorno”. “Caritas Pakistan – spiega il prelato – con l’aiuto dei partner internazionali sta inviando nella zona 2mila tende, per ospitare piccoli nuclei familiari. A queste si aggiungono cliniche mobili, ma l’ente caritativo andrà oltre elaborando un piano di intervento più vasto”.
Il vescovo di Faisalabad ricorda che i problemi dell’area non sono recenti, ma risalgono all’invasione sovietica dell’Afghanistan nel 1979. L’ingresso dei talebani nella zona a nord-ovest del Paese e la nascita di gruppi locali che hanno colonizzato l’area ha aggravato l’emergenza, che è precipitata con l’applicazione della Sharia nello Swat e il successivo conflitto fra estremisti e truppe governative.
Mons. Coutts aggiunge che le minoranze religiose sono il gruppo più vulnerabile, perché colpite dalla guerra e vittime di abusi e vessazioni. La minoranza sikh è costretta a versare la jizya – tassa che i non-musulmani devono fornire alla comunità islamica – e famiglie cristiane “vengono scacciate dai campi profughi, perché i musulmani non vogliono stare con loro”. Anche per questo Caritas Pakistan si muove “con prudenza”.
Nel frattempo continuano i combattimenti fra esercito e talebani in varie zone della divisione di Malakand. A Islamabad è un corso una riunione del governo – presieduta dal premier Yousaf Raza Gilani – per decidere di questioni legate alla legge e alla sicurezza nelle aree tribali, delle operazioni militari nello Swat e Malakand e i prossimi interventi a favore dei rifugiati.
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