Svolta storica per i lavoratori stranieri
Tokyo (AsiaNews) Storica svolta in Giappone nei confronti dei lavoratori stranieri, almeno per quanto riguarda le Filippine, grazie a un accordo firmato dal primo ministro del Giappone Junichiro Koizumi e dalla presidente delle Filippine Gloria Macapagal Arroyo, in occasione del recente vertice annuale dei Paesi dell' ASEAN.
L'accordo è il primo passo concreto verso la realizzazione progressiva del trattato di libero scambio (FTA:FreeTrade Agreement) tra le due nazioni. Gli obiettivi principali sono due: eliminazione delle barriere doganali e apertura del mercato del lavoro giapponese ai lavoratori-lavoratrici delle Filippine. Per quanto riguarda questi ultimi ed in particolare le infermiere e il personale assistenziale, ai filippini è concesso di lavorare in Giappone con i medesimi diritti del personale giapponese e con visto di permanenza rinnovabile ogni tre anni a due sole condizioni: licenza di qualificazione ottenuta in Giappone e sufficiente conoscenza della lingua.
Il confronto tra la situazione prevista dall'accordo e quella attuale dei lavoratori stranieri presenti in Giappone spiega la portata del provvedimento. Attualmente in Giappone ci sono circa 800.000 lavoratori stranieri dei quali 220.000 illegali. Questi possono essere deportati dall'oggi al domani. E anche quelli, la cui presenza è in qualche modo legalmente riconosciuta, vivono in condizioni precarie: non hanno alcuna assicurazione e sono impiegati nei lavori manuali dei tre K, dalla lettera iniziale delle tre parole giapponesi: kibishii (duro), kiken (pericoloso), kitanai (sporco). La legislazione in vigore prevede un inpiego ben remunerato solo per gli stranieri con alta qualifica professionale riconosciuta dal governo.
A dare particolare valore all'accordo sono propri le condizioni poste, che lo farebbero apparire non molto innovativo. Finora ai filippini e filippine era impossibile acquisire una conoscenza della lingua sufficiente per sostenere gli esami di licenza: le scuole di lingua sono molto costose. Ma, secondo i termini dell'accordo, il Giappone si impegna a sostenere per i primi sei mesi le spese per lo studio e la permanenza . Le prospettive sono rosee anche perchè la richiesta di personale assistenziale e infermieristico è alta.
Anche per la Chiesa missionaria questa vicenda appare come un segno dei tempi da leggere attentamente e una sfida alla quale rispondere senza esitazioni. Perchè infatti la nuova legislazione, garantita dai due governi, diventi efficiente occorrono notevoli energie morali sia da parte dei giapponesi che danno il lavoro come da parte degli stranieri che lo ricevono.
I missionari stranieri presenti in Giappone sono nella posizione di collaborare, come pochi altri, alla costruzione di ponti tra gente di diversa cultura. L'ho constatato di persona nel mese di settembre quando ho sostituito un collega, padre Ferruccio Brambillasca, responsabile della chiesa cattolica nella città di Choshi, a circa 80 chilometri da Tokyo, dove assieme alla modesta comunità giapponese c'è una numerosa comunita' filippina. Il giovane missionario, con felice intuito pastorale, ha optato per la celebrazione di una sola messa, non separando le due comunità come avviene nella maggior parte delle altre chiese. Il risultato ha del prodigioso per l'intesa che si sta instaurando tra i due differenti gruppi. La nuova legislazione lo mette nella condizione di procedere oltre nell'opera di mediazione culturale.