12/06/2009, 00.00
ASIA-ITALIA
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Suscitano interrogativi i titoli di Stato Usa sequestrati in Italia a due giapponesi

I titoli americani hanno un valore di oltre 134 miliardi di dollari. L’intera vicenda lascia insolute numerose questioni di ordine economico e politico. Qualcuno mette in relazione la vicenda con le voci sulle dimissioni del ministro degli interni di Tokyo.
Milano (AsiaNews) - Nuovi sviluppi si registrano nella vicenda dei 134,5 miliardi di dollari sequestrati al confine italo-svizzero di Ponte Chiasso dalla Guarda di Finanza italiana, di cui AsiaNews aveva riferito quattro giorni fa .
 
La vicenda che aveva fatto registrare grandi titoli sulla stampa italiana, da cui non è stata più ripresa, era stata finora scarsamente rilanciata dalle agenzia stampa internazionali. Da ieri un flusso di informazioni hanno iniziato ad emergere anche sulle agenzie internazionali in inglese.
 
Alcuni commentatori hanno messo la notizia del sequestro a Chiasso in relazione con quanto riportato lo scorso 30 marzo da alcuni quotidiani americani. Il Ministero del Tesoro americano aveva scoperto di avere a disposizione, inaspettatamente, ancora 134,5 miliardi di dollari della TARP (Troubled Asset Relief Program ) – il fondo speciale del governo americano di sostegno per i titoli finanziari “problematici” – che fino a quel momento non erano stati impegnati. Il governo Obama poteva perciò evitare di chiedere nuovi fondi al Parlamento statunitense, che in quel momento appariva intenzionato a negarli.
 
Anche un’altra notizia sarebbe in relazione con il sequestro effettuato a Chiasso. Poche ore fa, secondo l’agenzia giapponese Kyodo, il ministro degli Interni Kunio Hatoyama ha inviato una lettera di dimissioni. La motivazione ufficiale sarebbe connessa ad un disaccordo relativo alla conferma di un incarico di vertice alle Poste giapponesi. Alcune fonti hanno fatto notare che la motivazione è poco credibile perché Hatoyama è stato il principale alleato che ha permesso a Taro Aso di diventare Primo ministro e perché la coalizione governativa deve affrontare tra due settimane una difficile prova elettorale a livello nazionale.
 
Le ragioni che farebbero pensare ad una connessione con il sequestro di Chiasso sono molteplici. In primo luogo i corrieri che trasportavano i valori avevano dei passaporti giapponesi. In secondo luogo i corrieri della valuta transitata illecitamente non sono stati arrestati. Il possesso di valuta, o di altri valori mobiliari, contraffatti comporta per la legge italiana l’arresto anche per cifre ben inferiori, anche per poche decine di migliaia di euro. A titolo di paragone, il valore dei titoli contraffatti è pari all’1% del PIL (Prodotto Interno Lordo) americano. In terzo luogo le modalità del sequestro denotano una superficialità a dir poco dilettantesca: due giapponesi in giacca e cravatta con valigetta su di un treno regionale – che si ferma ad ogni piccola stazione – solitamente frequentato da frontalieri – in generale lavoratori manuali italiani che lavorano in Svizzera e rientrano a casa in serata – avevano la stessa probabilità di passare inosservati di due dirigenti europei in Congo.
 
AsiaNews si pone alcune domande. Perché la stampa italiana, di ogni colore, dopo averne fatto titoloni, ha improvvisamente fatto calare una coltre di silenzio sulla notizia? Nell’ipotesi, per ora, che i titoli sequestrati siano autentici, che cosa ci facevano in Italia e perché venivano trasportati in Svizzera? Nell’ipotesi che si tratti dei fondi non impegnati della TARP perché mai sono (sarebbero) già stati emessi dalla Federal Reserve americana dei titoli a valere su tale fondo? Non si doveva (non si sarebbero dovuto) attendere una determinazione d’impiego prima di emettere dei titoli monetari? Se si accertasse che i titoli sono autentici e si trattasse di beni appartenenti ad un grande Stato estero, perché non è stata utilizzata la valigia diplomatica, che non può essere ispezionata dagli agenti doganali? Nella medesima ipotesi, come si comporterà il governo italiano in merito alla penale? Imporrà il pagamento di una penale da 38 miliardi di euro – rischiando uno scontro con Paesi alleati – o, senza versamento dell’ammenda, restituirà i titoli al Paese proprietario – mostrando al mondo intero che l’Italia è una sorta di protettorato semicoloniale e soprattutto violando la legge e la Costituzione italiana? Per il premier Berlusconi si tratta (si tratterebbe) di una bella responsabilità anche personale, visto che le conseguenze legali e penali sono (sarebbero) a suo carico.
 
Chi ne esce comunque bene da questa vicenda è la Guardia di finanza italiana, che non a caso ha subito pubblicato sul proprio sito i dettagli del sequestro.
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