Superstiti di Nargis: non ci serve il lutto nazionale, ma gli aiuti esteri
Yangon (AsiaNews) – “A cosa servono questi tre giorni di lutto nazionale dopo tre settimane dal disastro? L’unica cosa di cui abbiamo bisogno è che entrino più aiuti dall’estero! Preghiamo il mondo di intervenire il più presto possibile, anche senza il consenso del nostro governo che ci vuole uccidere lentamente”. È un appello giunto oggi ad AsiaNews da un cittadino birmano che ha visitato le zone del delta dell’Irrawaddy, l’area più colpita dal ciclone Nargis. Il grido di dolore, anonimo per ovvi motivi di sicurezza, condanna l’inutilità dei gesti di facciata dalla giunta, che mentre fa sventolare bandiere a mezz’asta per tre giorni in tutto il Paese, continua ad ostacolare l’ingresso dei soccorsi dall’estero, indispensabili per arrivare ai 2,5 milioni di persone – secondo l’Onu – bisognosi di assistenza.
Iniziati oggi, i tre giorni di lutto nazionale rientrano nelle flebili aperture che di recente la giunta sta mostrando alla comunità internazionale, ma che non sono sufficienti a scongiurare una seconda catastrofe: quella che si sta consumando tra i superstiti di Nargis, lasciati a se stessi senza cibo e assistenza sanitaria. Il bilancio ufficiale delle vittime è fermo a 78mila morti e 56mila dispersi.
“Nei campi per gli sfollati – racconta l’uomo – si vive da giorni sotto miseri pezzi di plastica in decine e decine di persone; ognuno di noi ha perso almeno 4 familiari al passaggio del ciclone. I sopravvissuti non hanno vestiti, così si vede gente togliere gli abiti ai cadaveri che ancora si incontrano per strada; ci sono numerosissimi bambini feriti gravemente e che hanno bisogno di essere curati con urgenza. Siamo disperati!”.
Gli sforzi internazionali
Il regime di Naypytaw continua a negare i permessi alle imbarcazioni britanniche, statunitensi e francesi ormeggiate a largo delle coste birmane in attesa di consegnare aiuti. Ieri, però, i generali hanno dato l’ok all’ingresso di circa 300 medici provenienti dai Paesi confinanti, secondo quanto dichiarato in un comunicato diffuso dai ministri degli Esteri dell'Associazione dei Paesi del Sudest asiatico (Asean) riuniti a Singapore per discutere l’emergenza. Sarà la stessa Asean a guidare lo sforzo internazionale. Ma la giunta – riferisce il ministro degli Esteri di Singapore, George Yeo - non concederà agli operatori occidentali accesso illimitato, neanche nelle aree più disastrate. Gli operatori umanitari provenienti da altre nazioni potranno ottenere solo permessi richiesti volta per volta. “Dobbiamo verificare le necessità specifiche, non ci sarà mai accesso incontrollato”, ha detto Yeo. I dettagli del piano saranno elaborati dalle Nazioni Unite, che ieri hanno annunciato il lancio di una conferenza di donatori nella capitale del Myanmar per il prossimo 25 maggio. Domani il segretario generale delle Nazioni Unite arriverà a Yangon per vedere di persona anche le zone colpite dal ciclone nel delta dell'Irrawaddy. Non è noto se incontrerà il capo della giunta, Than Shwe.