Superstiti della Sars chiedono risarcimento a Pechino
Pechino (AsiaNews/Agenzie) A Pechino i superstiti della Sars chiedono al governo il risarcimento per i danni causati dalle cure ricevute durante l'epidemia di 2 anni fa. Ieri più di 100 ex malati di Sars hanno inviato una lettera al sindaco della capitale, Wang Qishan, accusando le autorità di non interessarsi alla loro condizione e di tacere sulle gravi conseguenze della sindrome acuta respiratoria severa (Sars).
I pazienti denunciano di soffrire diversi disturbi post Sars, tra cui la necrosi avascolare della testa del femore, che comporta difficoltà nel camminare fino a dover far uso di una sedia a rotelle. Colpevoli di questa degenerazione ossea sono le alte dosi di steroidi con i quali i medici hanno guarito i pazienti dal virus mortale della polmonite atipica.
"Il governo - dice la lettera - ha la responsabilità, il dovere e i mezzi per risarcire in modo consistente le vittime della Sars". "Molti di noi continua la missiva hanno perso il lavoro e altri sono riconosciuti come disabili". I firmatari del testo sono 112, ma solo una delegazione di 15 si è recata in Comune per la consegna. Al gruppo è stato impedito di vedere il sindaco e di essere avvicinato dai giornalisti.
Le ripercussioni della sindrome acuta respiratoria hanno prostrato non solo la salute dei contagiati, ma anche le loro finanze. Un ciclo di cura di 3 mesi per la necrosi avascolare costa circa 10 mila yuan (circa 1.000 euro). Per la maggior parte dei casi un solo ciclo non basta. La lettera spiega che i pazienti più gravi, già sulla sedia a rotelle, hanno bisogno di una protesi artificiale (che dura 10 anni), il cui costo si aggira intorno ai 70 mila yuan. In Cina le spese sanitarie sono a carico del paziente. Il reddito medio a Pechino è di 20 mila yuan.
La Sars è scoppiata nel novembre 2002 nel Guangdong, Cina meridionale. Le autorità l'hanno riconosciuta ufficialmente solo nell'aprile successivo. Aiutata dal silenzio e dall'omertà del governo, la Sars si è diffusa in 30 paesi del mondo, contagiando più di 8 mila persone e uccidendone 774. Nella sola Cina i casi registrati sono stati 5.300 e i morti 349. A giugno del 2003, le autorità cinesi avevano dichiarato debellata la malattia, ma tra aprile e maggio dell'anno scorso si sono verificati nuovi focolai.