01/07/2005, 00.00
ASIA
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Sudest asiatico, lobby economiche ostacolano lo sviluppo dei pescatori

Lo denuncia il coordinatore dell'Apostolato del mare per l'Asia del Sud: c'è bisogno di una nuova convenzione che regoli il lavoro delle comunità di pescatori, ma i Paesi più sviluppati remano contro e condizionano anche quelli asiatici.

Goa (AsiaNews) – Lobby nel settore del commercio e del trasporto marittimo mondiale si oppongono allo sviluppo e al miglioramento delle condizioni di vita delle comunità dei pescatori nel sud-est asiatico. La denuncia arriva da p. Xavier Pinto, coordinatore dell'Apostolato del mare (Aos) per l'Asia del Sud - l'organismo vaticano che si occupa dei lavoratori marittimi e impegnato negli aiuti post tsunami. Rappresentanti dell'Aos hanno partecipato alla recente Conferenza internazionale del lavoro (Ilc), la quale non è riuscita a varare un nuova convenzione per la pesca a livello mondiale a causa dell'astensione di Paesi che più ne avrebbero bisogno.

P. Pinto punta il dito contro l'Ilo (Organizzazione internazionale del lavoro, promotrice dell'incontro) e i leader delle nazioni asiatiche, le quali "sono rimaste in silenzio" di fronte ai problemi dei circa 15 milioni di pescatori nel mondo, che avrebbero tratto beneficio dalla nuova Convenzione proposta. Alla 93esima sessione dell'Ilc - organizzata dall'Ilo - hanno partecipato oltre ai rappresentanti governativi anche quelli del Forum nazionale dei pescatori dell'India (Nff) e del Forum mondiale dei pescatori (Wffp), ma "non è servito a niente", rimarca il sacerdote.

Il nuovo patto doveva sostituire 7 convenzioni Ilo, adottate tra il 1920 e il 1966 e ormai datate, che interessano solo il 10% dei 15 milioni di pescatori coinvolti in questa industria. La Convenzione proposta – la Work in Fishing Convention – coprirebbe, invece, il 90% di tutto il personale impiegato nella pesca a livello mondiale. "La proposta – spiega p. Pinto – mirava a migliorare le condizioni soprattutto dei piccoli pescatori dei Paesi in via di sviluppo"; qui si concentra la maggiorana di questi lavoratori, che vivono senza uno stipendio regolare e molti dei quali sono stati prostrati dallo tsunami.

La Work in Fishing Convention prevede la copertura delle ore di riposo, la sicurezza sociale, l'assicurazione di uno stipendio minimo e accordi scritti tra i pescatori e i proprietari delle barche.

A favore della nuova Convenzione hanno votato 49 Paesi, 4 si sono espressi contro e 25 si sono astenuti. "Nazioni con una grande industria ittica come Cina, India, Filippine e Sri Lanka – sottolinea il sacerdote - non hanno votato su questioni cruciali, che interessano il futuro dei lavoratori nella pesca".

P. Pinto spiega che "questi, come altri Paesi mondiali, sono legati a garanzie e agevolazioni concesse loro dalle più sviluppate nazioni del Nord, promotrici della privatizzazione, alle quali non conviene che i poveri pescatori migliorino le loro condizioni lavorative". "Votare a favore della nuova Convenzione –continua - poteva essere interpretato come uno schiaffo ai potenti 'amici del nord' con i quali questi Paesi hanno diverse joint ventures nel settore dell'industria ittica".

Per poter discutere di nuovo "problematiche vitali" per questa categoria di lavoratori bisognerà aspettare il 2007, quando si terrà la prossima Conferenza. Ma p. Pinto è deciso: "Nel frattempo continueremo a fare pressione sui governi e a sperare che prevalga l'interesse per la popolazione sul puro ritorno economico". Nelle aree colpite dallo tsunami – conclude – l'Aos con i suoi sostenitori preme perché le autorità accelerino la necessaria costruzione di case permanenti; ma anche qui, soprattutto in Sri Lanka, le lobby del settore turistico sono forti e cercano di accaparrarsi le terre, che prima erano dei pescatori per costruire hotel e super strade". (MA)

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