Storico accordo fra Santa Sede e Taiwan sul riconoscimento dei titoli universitari
di Bernardo Cervellera
Firmato oggi, l’accordo prevede il riconoscimento reciproco dei titoli fra università ecclesiastiche del mondo intero, legate alla Santa Sede, e le università di Taiwan riconosciute dal ministero dell’educazione. Per il card. Grocholewski questo è un contributo all’internazionalizzazione della cultura, di cui beneficia anche Taiwan. Per il presidente Ma Ying-jeou l’accordo aiuta a rendere Taiwan “un centro di alta educazione per l’Asia dell’est”. Anche l’insegnamento cattolico farà parte dei curricula negli istituti cattolici.
Taipei (AsiaNews) – “Con questo accordo il mondo si apre a Taiwan e Taiwan al mondo”: è il commento entusiasta di mons. Paul Russell, incaricato d’affari della Santa Sede a Taiwan (Repubblica di Cina), sullo storico accordo firmato oggi dal card. Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione vaticana per l’educazione cattolica e il ministro dell’educazione Ching-ji WU.
Grazie a questo accordo, titoli, diplomi e gradi acquisiti in una università ecclesiastica nel mondo verranno riconosciuti a Taiwan. Allo stesso modo, i titoli delle università taiwanesi saranno riconosciuti da tutte le università ecclesiastiche nel mondo intero.
“Nel mondo – spiega mons. Russell - vi sono oltre 650 università ecclesiastiche. Qui a Taiwan vi è una facoltà ecclesiastica retta dai gesuiti, il collegio Bellarmino, dove si insegna teologia. Da parte sua, Taiwan ha 161 università e collegi. D’ora in poi studenti e professori di Taiwan possono andare in qualunque facoltà ecclesiastica nel mondo; i nostri studenti e professori possono venire a Taiwan con i gradi riconosciuti. Questo porta a un enorme giro di visite, di scambi, di lavoro comune. Se vi sono scambi, vi è comprensione; se vi è comprensione vi è più pace nel mondo. Per questo dico che con questo accordo il mondo si apre a Taiwan e Taiwan al mondo”.
Il rapporto fra università a livello planetario è un fatto sempre più costante. P. Friederich Bechina, della Congregazione per l’educazione cattolica, spiega. “L’università nazionale, di stampo napoleonico è in una fase di superamento. Ormai emerge il valore originario di università, cioè un luogo dove si ricerca la verità che sta al di sopra di una nazione; nessuna nazione possiede in pieno la verità, che è universale.
Per questo, la collaborazione internazionale è sempre più importante. Ma ancora più urgente della collaborazione è che siano riconosciuti titoli e diplomi da un Paese all’altro. A questo scopo, vi sono già sei convenzioni dell’Unesco: due per il Mediterraneo e gli Stati arabi; uno per l’Africa, per l’America latina, l’Asia-Pacifico, l’Europa e occidente (insieme a Israele). La Santa Sede partecipa come membro in tutte le commissioni, essendo presente con la Chiesa in tutto il mondo”.
Con l’accordo firmato oggi, Taiwan entra con maggiore efficacia nel mondo accademico internazionale. In effetti – come ha fatto notare un professore locale – “Taiwan non ha relazioni diplomatiche con l’Unesco, ma ha buone istituzioni accademiche e per noi non era giusto vederci esclusi dal giro delle università internazionali”.
Incontrando ieri il presidente Ma Ying-jeou, il card. Grocholewski (v. foto) ha sottolineato il contributo che la Santa Sede dà all’internazionalizzazione della cultura: “La Santa Sede è interessata ai rapporti internazionali. Tutte le nostre università sono internazionali anzitutto perché appartengono alla famiglia cattolica che è universale e poi perché sono presenti in tantissimi Paesi del pianeta. Ogni tre anni esse si radunano per un convegno mondiale delle università cattoliche, e il prossimo avverrà a san Paulo (Brasile). Possiamo sperare che uno dei prossimi convegni possa essere tenuto anche a Taipei. Facendo questo, la Santa Sede – in stretta relazione con l’Unesco – rafforza le relazioni mondiali dal punto di vista intellettuale, di cui possono giovare anche Taipei e Taiwan”.
Da parte sua, il presidente Ma Ying-jeou, vede l’accordo in modo molto positivo. Una delle piste per lo sviluppo dell’isola – ha spiegato – è quella di rendere Taiwan “un centro di alta educazione per l’Asia dell’est”. Già adesso vi sono almeno 50 mila studenti stranieri a Taiwan, provenienti da Vietnam, Thailandia, Indonesia, India, Cina popolare. “Noi prevediamo – ha aggiunto che per il 2020 vi saranno almeno 130 mila studenti nelle nostro università”.
L’accordo ha delle ricadute anche locali: grazie ad esso, i titoli e i gradi acquisiti nella facoltà di teologia retta dai gesuiti, avranno valore legale. P. Augustine Tsang, il rettore della facoltà, spiega che “finalmente le persone che qui prendono la laurea avranno diritto a trovare lavoro alla pari nella società taiwanese”.
La scuola di teologia raduna attualmente 174 studenti per i corsi diurni e 64 per quelli serali. Un fatto importante: anche questa facoltà è internazionale: gli studenti provengono da Malaysia, Corea, Singapore, oltre che da Taiwan. Di solito essi appartengono a ordini religiosi internazionali che inviano i loro membri a Taiwan per compiere studi teologici in cinese, per prepararli alla missione nelle comunità di lingua cinese. Quest’anno vi è addirittura anche un russo ortodosso, che si prepara a servire le comunità cinesi di Heilongjiang e della Siberia.
Un ultimo ma importante aspetto dell’accordo è che con esso si riconosce il diritto delle università e delle scuole cattoliche ad inserire nel loro curriculum scolastico insegnamenti legati alla fede cattolica.
P. Bechina, che ha collaborato alla stesura dell’accordo, spiega: “Con la Santa Sede, Taiwan ha ottime relazioni diplomatiche. Ma la loro legislazione, per quanto riguarda l’educazione religiosa, è piuttosto restrittiva, perché hanno paura del proselitismo. Per Taiwan vi è libertà religiosa, ma la religione non deve essere insegnata nelle scuole. In tal modo, i corsi espliciti di teologia e i contenuti religiosi vengono emarginati nel privato. Questo era difficile da accettare per noi perché un’università cattolica – ad esempio – deve essere anche trasparente, rendere ragione della nostra identità.
E questo non solo nel senso confessionale, della catechesi, che sarebbe fuori del curriculum, ma nel senso di dare l’impronta religiosa agli insegnamenti. Ad esempio, nello studio della medicina è necessario esplicitare un’antropologia, una concezione dell’uomo, da cui dipendono le cure. Perciò noi volevamo avere la possibilità di inserire questi insegnamenti di ispirazione cattolica dentro i curricula, armonizzati dentro l’insegnamento generale.
Questo è un altro importante punto dell’accordo. Abbiamo trovato una formula che da una parte rispetta la coscienza delle persone e non costringe nessuno, ma nei curricula si mettono pure contenuti cattolici, anche se lo studente è libero di sceglierli o no, acquisendo crediti anche in altro modo”.
L’accordo è frutto del lavoro di un anno intero. Ad esso hanno collaborato la Congregazione vaticana per l’educazione cattolica, i vescovi di Taiwan, l’università Fu Ren, gli altri collegi cattolici. “Anzitutto – spiega mons. Russell - abbiamo dovuto trovare una visione comune fra di noi e poi abbiamo lavorato intensamente con il ministero dell’educazione, quello degli interni [da cui dipendono le comunità religiose – ndr], il ministero degli esteri. Un grande aiuto è venuto dall’ambasciatore di Taiwan presso la Santa Sede, Larry Wang e dallo stesso presidente Ma Ying-jeou”.
Grazie a questo accordo, titoli, diplomi e gradi acquisiti in una università ecclesiastica nel mondo verranno riconosciuti a Taiwan. Allo stesso modo, i titoli delle università taiwanesi saranno riconosciuti da tutte le università ecclesiastiche nel mondo intero.
“Nel mondo – spiega mons. Russell - vi sono oltre 650 università ecclesiastiche. Qui a Taiwan vi è una facoltà ecclesiastica retta dai gesuiti, il collegio Bellarmino, dove si insegna teologia. Da parte sua, Taiwan ha 161 università e collegi. D’ora in poi studenti e professori di Taiwan possono andare in qualunque facoltà ecclesiastica nel mondo; i nostri studenti e professori possono venire a Taiwan con i gradi riconosciuti. Questo porta a un enorme giro di visite, di scambi, di lavoro comune. Se vi sono scambi, vi è comprensione; se vi è comprensione vi è più pace nel mondo. Per questo dico che con questo accordo il mondo si apre a Taiwan e Taiwan al mondo”.
Il rapporto fra università a livello planetario è un fatto sempre più costante. P. Friederich Bechina, della Congregazione per l’educazione cattolica, spiega. “L’università nazionale, di stampo napoleonico è in una fase di superamento. Ormai emerge il valore originario di università, cioè un luogo dove si ricerca la verità che sta al di sopra di una nazione; nessuna nazione possiede in pieno la verità, che è universale.
Per questo, la collaborazione internazionale è sempre più importante. Ma ancora più urgente della collaborazione è che siano riconosciuti titoli e diplomi da un Paese all’altro. A questo scopo, vi sono già sei convenzioni dell’Unesco: due per il Mediterraneo e gli Stati arabi; uno per l’Africa, per l’America latina, l’Asia-Pacifico, l’Europa e occidente (insieme a Israele). La Santa Sede partecipa come membro in tutte le commissioni, essendo presente con la Chiesa in tutto il mondo”.
Con l’accordo firmato oggi, Taiwan entra con maggiore efficacia nel mondo accademico internazionale. In effetti – come ha fatto notare un professore locale – “Taiwan non ha relazioni diplomatiche con l’Unesco, ma ha buone istituzioni accademiche e per noi non era giusto vederci esclusi dal giro delle università internazionali”.
Incontrando ieri il presidente Ma Ying-jeou, il card. Grocholewski (v. foto) ha sottolineato il contributo che la Santa Sede dà all’internazionalizzazione della cultura: “La Santa Sede è interessata ai rapporti internazionali. Tutte le nostre università sono internazionali anzitutto perché appartengono alla famiglia cattolica che è universale e poi perché sono presenti in tantissimi Paesi del pianeta. Ogni tre anni esse si radunano per un convegno mondiale delle università cattoliche, e il prossimo avverrà a san Paulo (Brasile). Possiamo sperare che uno dei prossimi convegni possa essere tenuto anche a Taipei. Facendo questo, la Santa Sede – in stretta relazione con l’Unesco – rafforza le relazioni mondiali dal punto di vista intellettuale, di cui possono giovare anche Taipei e Taiwan”.
Da parte sua, il presidente Ma Ying-jeou, vede l’accordo in modo molto positivo. Una delle piste per lo sviluppo dell’isola – ha spiegato – è quella di rendere Taiwan “un centro di alta educazione per l’Asia dell’est”. Già adesso vi sono almeno 50 mila studenti stranieri a Taiwan, provenienti da Vietnam, Thailandia, Indonesia, India, Cina popolare. “Noi prevediamo – ha aggiunto che per il 2020 vi saranno almeno 130 mila studenti nelle nostro università”.
L’accordo ha delle ricadute anche locali: grazie ad esso, i titoli e i gradi acquisiti nella facoltà di teologia retta dai gesuiti, avranno valore legale. P. Augustine Tsang, il rettore della facoltà, spiega che “finalmente le persone che qui prendono la laurea avranno diritto a trovare lavoro alla pari nella società taiwanese”.
La scuola di teologia raduna attualmente 174 studenti per i corsi diurni e 64 per quelli serali. Un fatto importante: anche questa facoltà è internazionale: gli studenti provengono da Malaysia, Corea, Singapore, oltre che da Taiwan. Di solito essi appartengono a ordini religiosi internazionali che inviano i loro membri a Taiwan per compiere studi teologici in cinese, per prepararli alla missione nelle comunità di lingua cinese. Quest’anno vi è addirittura anche un russo ortodosso, che si prepara a servire le comunità cinesi di Heilongjiang e della Siberia.
Un ultimo ma importante aspetto dell’accordo è che con esso si riconosce il diritto delle università e delle scuole cattoliche ad inserire nel loro curriculum scolastico insegnamenti legati alla fede cattolica.
P. Bechina, che ha collaborato alla stesura dell’accordo, spiega: “Con la Santa Sede, Taiwan ha ottime relazioni diplomatiche. Ma la loro legislazione, per quanto riguarda l’educazione religiosa, è piuttosto restrittiva, perché hanno paura del proselitismo. Per Taiwan vi è libertà religiosa, ma la religione non deve essere insegnata nelle scuole. In tal modo, i corsi espliciti di teologia e i contenuti religiosi vengono emarginati nel privato. Questo era difficile da accettare per noi perché un’università cattolica – ad esempio – deve essere anche trasparente, rendere ragione della nostra identità.
E questo non solo nel senso confessionale, della catechesi, che sarebbe fuori del curriculum, ma nel senso di dare l’impronta religiosa agli insegnamenti. Ad esempio, nello studio della medicina è necessario esplicitare un’antropologia, una concezione dell’uomo, da cui dipendono le cure. Perciò noi volevamo avere la possibilità di inserire questi insegnamenti di ispirazione cattolica dentro i curricula, armonizzati dentro l’insegnamento generale.
Questo è un altro importante punto dell’accordo. Abbiamo trovato una formula che da una parte rispetta la coscienza delle persone e non costringe nessuno, ma nei curricula si mettono pure contenuti cattolici, anche se lo studente è libero di sceglierli o no, acquisendo crediti anche in altro modo”.
L’accordo è frutto del lavoro di un anno intero. Ad esso hanno collaborato la Congregazione vaticana per l’educazione cattolica, i vescovi di Taiwan, l’università Fu Ren, gli altri collegi cattolici. “Anzitutto – spiega mons. Russell - abbiamo dovuto trovare una visione comune fra di noi e poi abbiamo lavorato intensamente con il ministero dell’educazione, quello degli interni [da cui dipendono le comunità religiose – ndr], il ministero degli esteri. Un grande aiuto è venuto dall’ambasciatore di Taiwan presso la Santa Sede, Larry Wang e dallo stesso presidente Ma Ying-jeou”.
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