Stop al trattato nucleare New Start: Putin attacca Usa e Nato, ma lascia campo libero a Pechino
Decisione strumentale del Cremlino: vuole Francia e Gran Bretagna nell’accordo e non la Cina. Pechino ha il terzo arsenale atomico al mondo e chiede la parità nucleare con Mosca e Washington per aderire al New Start. Esperto russo: mossa di Putin politica e non militare; la Russia ha armi nucleari a sufficienza. Basso il rischio di un loro uso in Ucraina.
Roma (AsiaNews) – Mentre l’alto inviato diplomatico cinese Wang Yi conclude oggi la sua visita in Russia incontrando Vladimir Putin, la Duma (Camera bassa del Parlamento) russa ha approvato la sospensione della partecipazione di Mosca al trattato New Start con gli Usa sulla riduzione delle armi nucleari.
Il capo del Cremlino ha annunciato lo stop ieri durante un discorso fiume in cui ha continuato a giustificare l’invasione dell’Ucraina con la minaccia militare della Nato. In base al New Start, Stati Uniti e Russia possono detenere 1.550 ordigni nucleari strategici a testa (un bombardiere a lungo raggio vale una testata).
Sergei Ryabkov, vice ministro russo degli Esteri, ha dichiarato oggi che il ripristino dell’accordo con Washington dipenderà anche dalle posizioni di Francia e Gran Bretagna, due potenze nucleari Nato che non possono più essere tenute fuori dal dialogo tra Washington e Mosca sul controllo degli armamenti atomici.
L’ex presidente Dmitry Medvedev, firmatario del New Start entrato in vigore nel 2011, poi rinnovato per altri cinque anni nel 2021, ha rilanciato le osservazioni di Ryabkov. La posizione russa appare però del tutto strumentale: se per essere riattivato il trattato deve vedere anche la partecipazione di Parigi e Londra, a maggior ragione dovrebbe includere la Cina. Il partner “senza limiti” della Russia è impegnato da tempo ad accrescere il proprio arsenale atomico.
La Federation of the American Scientist stima che la Russia possieda 5.977 testate nucleari, gli Usa 5.428, a cui vanno aggiunte le 290 della Francia e le 225 della Gran Bretagna. La Cina ne ha 350, ma non sarebbero pronte all’uso, a differenza di buona parte di quelle russe e statunitensi.
La Cina si rifiuta di aderire al New Start, a meno che Mosca e Washington non accettino la parità nucleare.
Secondo diversi osservatori la sospensione decisa da Putin è una pericolosa escalation. Alexander Savelyev, capo ricercatore all’Istituto Primakov di economia mondiale e relazioni internazionali con sede a Mosca, non è della stessa idea. Un consigliere ai negoziati Start-1 tra Usa e Unione Sovietica dal 1989 al 1991, l’accademico russo spiega ad AsiaNews che la mossa del Cremlino è “sgradevole”, ma con effetti più che altro politici e non militari.
Interrogato sul possibile incremento delle forze nucleari russe, Savelyev sostiene che Putin forse lo vorrebbe, ma la realtà è che non può: “Rinforzare un arsenale nucleare strategico è molto costoso e richiede molto tempo, anni e non mesi. Oltretutto, la Russia ha armi nucleari a sufficienza. Non avrebbe senso [dotarsi di altre]”.
Sul possibile uso di ordigni nucleari da parte di Mosca in Ucraina, Savelyev dice che il rischio è basso al momento: “Era abbastanza alto nelle prime fasi del conflitto ucraino, perché non era chiaro se esistesse o meno una cosiddetta dottrina Gerasimov”. Il riferimento è a una dottrina del capo di Stato maggiore delle Forze armate russe (ora anche comandante di teatro in Ucraina) che prevedrebbe l’uso di armi nucleari all’inizio di una offensiva militare. “Spero – conclude l’esperto – che i leader e le autorità responsabili di prendere tali decisioni non abbiamo istinti suicidi”.
(Foto Reuters)
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