Sri Lanka: le leggi che minacciano la libertà religiosa (Scheda)
Roma (AsiaNews) - La libertà religiosa in Sri Lanka è minacciata da due disegni di legge, che attendono l'approvazione dal parlamento: il "Bill on Prohibition of Forcible Conversion" e l' "Act for the Protection of Religious Freedom". Entrambi sono diretti a punire chi "facilita" la conversione con "mezzi fraudolenti".
Domani è prevista la discussione parlamentare sul "Bill on Prohibition of Forcible Conversion", la cosiddetta legge anticonversione. Proposta dal Jathika Hela Urumaya (JHU), partito composto da monaci buddisti, la legge è stata presentata a luglio 2004. Questa prevede che ogni individuo debba informare della sua conversione le autorità locali entro un periodo stabilito e che "nessuno convertirà o cercherà di convertire persone da una religione all'altra con la forza o con mezzi fraudolenti". Per chi infrange la legge la pena è la detenzione fino a 5 anni o una multa fino a 150.000 rupie (1.508 dollari). La condanna arriva fino a 7 anni di prigione e a una multa di 500 mila rupie (5.027 dollari) se i convertiti appartengono alla cosiddetta "Schedule 1", una categoria ritenuta più a rischio "conversioni forzate". In essa rientrano donne, bambini, detenuti, ritardati fisici o mentali, studenti, ricoverati di ospedali e cliniche, rifugiati, membri delle forze armate o della polizia.
Ad agosto, su appello del National Christian Evangelical Alliance dello Sri Lanka, la Corte Suprema ha dichiarato incostituzionale due punti della legge, perché violanti l'articolo 10 della Costituzione, che assicura la libertà religiosa e quella di avere o adottare una religione o un credo a propria scelta.
Un'altra legge è in attesa della seconda lettura in parlamento: l'"Act for the Protection of Religious Freedom". Proposto dal dal ministro per gli Affari buddisti, Ratnasiri Wickremanayake il disegno di legge va ben oltre quello del JHU e mira a vietare ogni tipo di conversione. La pena prevista è di 7 anni di detenzione e un'ingente multa. La legge, inoltre, stabilisce un sistema giudiziario indipendente controllato da monaci buddisti. Il "Sanghadhikarana" (la corte buddista) dovrebbe giudicare le cause avanzate dagli abitanti dei villaggi senza riferire a polizia o a tribunali statali. (MA)