Sri Lanka: giovani musulmani chiedono aiuto dopo la guerra
di Melani Manel Perera
Il programma governativo “Risveglio dello sviluppo” non ha preso in considerazione le troppe vittime della guerra nel distretto orientale di Ampara. Molti giovani non possono continuare a studiare, a causa della povertà e delle difficoltà logistiche.
Ampara (AsiaNews) – Assistenza medica pressoché assente; impossibilità ad accedere all’istruzione superiore; nessun sistema di trasporto pubblico; lavori saltuari e malpagati; povertà estrema; una corruzione dilagante: sono solo alcuni dei problemi che lamentano alcuni giovani musulmani del villaggio rurale di Aalamkulam (distretto di Ampara, provincia orientale). Nonostante il governo abbia lanciato il programma “Risveglio dello sviluppo” proprio in quella zona – la più colpita dal conflitto etnico –, chi vive nel distretto di Ampara è trascurato. “A parte qualche mucca – raccontano ad AsiaNews ragazzi e ragazze – il governo non ci ha dato nulla”.
Nel villaggio vivono 276 famiglie musulmane. Tanti bambini e ragazzi affermano: “Molti di noi vorrebbero studiare, ma nel villaggio la scuola si ferma a quella secondaria (Ordinary Level – 14 anni, ndr). Se volessimo continuare, l’unico liceo è a 15 chilometri da qui, in città... Chi ci pagherebbe gli studi? E un alloggio?”. Le famiglie, infatti, sono molto povere: in pochi hanno un lavoro, qualcuno si arrangia vendendo pesce o facendo lavoretti, il tutto per circa 600 rupie al giorno (meno di quattro euro). Discorso analogo per il medico, presente solo tre giorni a settimana: ma per le emergenze, l’ospedale più vicino è a 17 chilometri.
A questo proposito la Nafso (National Fisheries Solidarity Movement), che contribuisce al censimento e alla raccolta di dati sugli sfollati interni (Idp - Internally Displaced People), suggerisce che la gente potrebbe trovare una risposta utile ai suoi problemi nella formazione di comitati cittadini. “Tramite questi organi – afferma Priyankara Costa, coordinatore della Nafso – le famiglie potrebbero fare pressione sulle autorità, per soddisfare i loro bisogni”.
Nel villaggio vivono 276 famiglie musulmane. Tanti bambini e ragazzi affermano: “Molti di noi vorrebbero studiare, ma nel villaggio la scuola si ferma a quella secondaria (Ordinary Level – 14 anni, ndr). Se volessimo continuare, l’unico liceo è a 15 chilometri da qui, in città... Chi ci pagherebbe gli studi? E un alloggio?”. Le famiglie, infatti, sono molto povere: in pochi hanno un lavoro, qualcuno si arrangia vendendo pesce o facendo lavoretti, il tutto per circa 600 rupie al giorno (meno di quattro euro). Discorso analogo per il medico, presente solo tre giorni a settimana: ma per le emergenze, l’ospedale più vicino è a 17 chilometri.
A questo proposito la Nafso (National Fisheries Solidarity Movement), che contribuisce al censimento e alla raccolta di dati sugli sfollati interni (Idp - Internally Displaced People), suggerisce che la gente potrebbe trovare una risposta utile ai suoi problemi nella formazione di comitati cittadini. “Tramite questi organi – afferma Priyankara Costa, coordinatore della Nafso – le famiglie potrebbero fare pressione sulle autorità, per soddisfare i loro bisogni”.
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