Sri Lanka, "inconcludenti" le indagini del governo sulle sparizioni forzate della guerra civile
Colombo (AsiaNews) - Attivisti per i diritti umani e ong locali giudicano "inconcludente" la prima fase di indagini compiuta dal governo sui presunti sequestri e sulle "sparizioni forzate" avvenuti nelle province del nord e dell'est tra il 1990 e il 2009, durante la guerra civile. Intanto, il presidente Mahinda Rajapaksa ha esteso ad altri sei mesi il mandato della Commissione incaricata di condurre tale inchiesta, che avrà tempo fino al 12 agosto 2014 per raccogliere dati e informazioni. Il capo dello Stato lo ha annunciato il 21 febbraio scorso.
La prima fase di indagini si è chiusa il 17 febbraio nel distretto di Jaffna. In precedenza la Commissione presidenziale ha visitato anche il distretto di Kilinochchi (19-21 gennaio). Finora il gruppo di esperti ha ricevuto 16mila denunce, provenienti da ogni parte del Paese.
Diversi osservatori notano il tempismo con cui Rajapaksa ha deciso di estendere il mandato della Commissione presidenziale. Il prossimo marzo a Ginevra si terrà una nuova sessione di incontri, durante la quale il Consiglio Onu per i diritti umani dovrebbe presentare la terza risoluzione contro il governo dello Sri Lanka, accusato di presunti crimini contro l'umanità durante il trentennale conflitto civile e di non aver attuato un efficace processo di riconciliazione con la comunità tamil.
I tamil, secondo gruppo etnico-linguistico dello Sri Lanka, sono stati i più colpiti dalla guerra civile, che si è svolta soprattutto nel nordest dell'isola, dove essi sono la maggioranza.
Secondo l'ong Law and Society Trust (Lst), la Commissione presidenziale avrebbe inoltre condotto le indagini nelle province in modo discutibile. In particolare, l'associazione per i diritti umani critica la massiccia presenza di agenti di polizia e militari, che avrebbero "intimorito" le persone. "È noto - spiega in un comunicato la Lst - che per anni le famiglie di persone scomparse hanno ricevuto minacce continue da membri delle forze dell'ordine e ufficiali dell'esercito". La loro presenza quindi non avrebbe facilitato la raccolta di testimonianze.
Inoltre, l'ong critica il fatto che la Commissione si è relazionata con la popolazione locale usando solo documenti in inglese, pur sapendo che la lingua ufficiale nel nordest è il tamil e che molta gente non conosce altro linguaggio. "Chi ha fornito la propria testimonianza - spiega la Lst - ha avuto l'assistenza di interpreti della Commissione, senza però avere modo di controllare le informazioni da loro fornite".