Sri Lanka, Rajapaksa cancella a parole lo “stato di emergenza”
di Melani Manel Perera
In vigore dal 1971 per favorire la guerra contro i ribelli Tamil, negli anni è stato più volte congelato e riconfermato. L’attuale governo lo ha ripristinato nel 2005. Dubbi sul reale insediamento di amministrazioni civili nelle aree a maggioranza Tamil controllate dai militari. La popolazione teme la sostituzione con altre leggi restrittive.
Colombo (AsiaNews) – Il presidente Rajapaksa toglie lo “stato di emergenza” in vigore dal 2005 per combattere la guerra civile contro l'esercito ribelle delle Tigri Tamil (Ltte) nel nord del Paese. In un comunicato diffuso oggi, il presidente ha assicurato che “non sarà più prolungato in futuro”. Tuttavia, vi sono dubbi sulla reale sostituzione delle amministrazioni militari con quelle civili, in particolare nei territori un tempo sotto il controllo dell’Ltte.
Marimutto Sathivel, sacerdote anglicano tamil di Colombo, dice che la decisione del presidente è una buona notizia, ma bisognerà verificare sul campo quanto annunciato in parlamento. Per lui la cancellazione dello stato di emergenza sarà completa solo quando il governo consentirà alle centinaia di famiglie bloccate nei campi profughi di ritornare alle proprie abitazione e quando tutte le regioni sotto il controllo dei militari verranno consegnate all’amministrazione civile.
Secondo Jude, attivista cattolico impiegato nel sociale, la popolazione non si fida delle promesse del presidente. “In futuro – afferma – lo stato di emergenza potrebbe essere rimpiazzato da altre leggi”.
Al potere dal 2005, Rajapaksa non è nuovo a promesse di questo tipo, poi aggirate con decreti legge o norme anti-costituzionali. Nel 2010 ha vinto per la seconda volta le elezioni presidenziali e ha fatto arrestare il candidato rivale Sarath Fonseka con l’accusa di tentato colpo di Stato. Nei mesi successivi ha tentato di cambiare la costituzione per aumentare i poteri del presidente e la durata del mandato, senza però raggiungere il numero di voti necessari. In questi anni l’Onu ha contestato più volte lo stato dei campi profughi nel nord del Paese, chiedendo la condanna dello Sri Lanka per violazioni dei diritti umani. Accuse sempre respinte dal governo che a tutt’oggi limita l’ingresso ad attivisti, funzionari stranieri e giornalisti nelle aree sotto controllo dell’esercito.
Kusal Perera, giornalista e analista politico di Colombo, spiega che questo governo “non lavora nei rispetti della costituzione”. “Quindi anche se è stato annunciato la cancellazione dello stato di emergenza - afferma - Rajapaksa continuerà ad agire nello stesso modo”. Il giornalista sottolinea che fatta eccezione per brevi periodi lo Sri Lanka è sotto stato di emergenza dal 1971. Quindi l’intera società si è ormai abituata a convivere con queste restrizioni e non sa cosa voglia dire vivere in regime di libertà. Ciò è ancora più evidente nelle forze di polizia, reclutate proprio in virtù dello stato di emergenza portato ai massimi livelli da Rajapaksa. Finché ci sarà questo presidente, "gli agenti non oseranno andare contro i suoi metodi".
Marimutto Sathivel, sacerdote anglicano tamil di Colombo, dice che la decisione del presidente è una buona notizia, ma bisognerà verificare sul campo quanto annunciato in parlamento. Per lui la cancellazione dello stato di emergenza sarà completa solo quando il governo consentirà alle centinaia di famiglie bloccate nei campi profughi di ritornare alle proprie abitazione e quando tutte le regioni sotto il controllo dei militari verranno consegnate all’amministrazione civile.
Secondo Jude, attivista cattolico impiegato nel sociale, la popolazione non si fida delle promesse del presidente. “In futuro – afferma – lo stato di emergenza potrebbe essere rimpiazzato da altre leggi”.
Al potere dal 2005, Rajapaksa non è nuovo a promesse di questo tipo, poi aggirate con decreti legge o norme anti-costituzionali. Nel 2010 ha vinto per la seconda volta le elezioni presidenziali e ha fatto arrestare il candidato rivale Sarath Fonseka con l’accusa di tentato colpo di Stato. Nei mesi successivi ha tentato di cambiare la costituzione per aumentare i poteri del presidente e la durata del mandato, senza però raggiungere il numero di voti necessari. In questi anni l’Onu ha contestato più volte lo stato dei campi profughi nel nord del Paese, chiedendo la condanna dello Sri Lanka per violazioni dei diritti umani. Accuse sempre respinte dal governo che a tutt’oggi limita l’ingresso ad attivisti, funzionari stranieri e giornalisti nelle aree sotto controllo dell’esercito.
Kusal Perera, giornalista e analista politico di Colombo, spiega che questo governo “non lavora nei rispetti della costituzione”. “Quindi anche se è stato annunciato la cancellazione dello stato di emergenza - afferma - Rajapaksa continuerà ad agire nello stesso modo”. Il giornalista sottolinea che fatta eccezione per brevi periodi lo Sri Lanka è sotto stato di emergenza dal 1971. Quindi l’intera società si è ormai abituata a convivere con queste restrizioni e non sa cosa voglia dire vivere in regime di libertà. Ciò è ancora più evidente nelle forze di polizia, reclutate proprio in virtù dello stato di emergenza portato ai massimi livelli da Rajapaksa. Finché ci sarà questo presidente, "gli agenti non oseranno andare contro i suoi metodi".
Vedi anche
Contro il governo, i tamil ricordano i morti della guerra civile
02/12/2019 12:14
02/12/2019 12:14