Spirano venti di pace tra New Delhi e Islamabad
di CT Nilesh
La dichiarazione comune sottoscritta in occasione dell’incontro dei non-allineati ha sollevato le proteste dell’opposizione indiana e il plauso dei pakistani, perché esprime la volontà di riaprire il dialogo complessivo tra i due Paesi, a prescindere dai risultati della lotta dei pakistani al terrorismo.
Mumbai (AsiaNews) - Appena tornato dalla conferenza dei non-allineati a Shram el-Sheikh, in Egitto, il primo ministro dell’India, Manmohan Singh, è stato duramente criticato in parlamento perché ha rinunciato alla posizione dell’India di non intrattenere un dialogo col Pakistan se non finisce il terrorismo attraverso il confine. Infatti nel comunicato finale dopo l’incontro dei due primi ministri dell’India e del Pakistan si afferma la decisione di riprendere il dialogo sui vari problemi pendenti, a prescindere dai risultati dell’antiterrorismo.
Mentre la stampa indiana è unanime nel dire che l’India ha concesso troppo sul terrorismo, la stampa pakistana loda la dichiarazione bilaterale rilasciata da New Delhi ed Islamabad al NAM summit in Egitto. Essi dicono: “Bisogna dar credito ad ambedue per aver colto il momento giusto ed aver rotto l’impasse. Il tanto necessario passo è stato è stato fatto”.
Ma quello che ha sorpreso i circoli politici in India è stato lo svincolare il dialogo dal terrorismo. Quando ha parlato nel Lok Sabha (parlamento), il primo ministro ha ripetuto il punto dicendo che l’azione contro il terrorismo non può attendere altri sviluppi. Egli ha indicato l’assicurazione di Gilani di far giustizia dei colpevoli del 26/11 e l’assicurazione che c’è unanimità in Pakistan sulla lotta al terrorismo, come si è visto nell’operazione nella valle del Swat.
L’opposizione del BJP ha rinfacciato al governo la sua “capitolazione” al Pakistan e poi è uscita dall’aula per protesta. Il capo dell’opposizione, LK Advani, ha espresso una forte critica contro il primo ministro, Manmohan Singh, che ha “ceduto terreno” al Pakistan sul terrorismo di frontiera.
Advani ha chiesto al primo ministro che cosa ha convinto il governo a separare il dialogo sugli altri temi da quello sul terrorismo e perché il governo ha pensato di cambiare la posizione presa dopo gli attacchi di Mumbai. Il partito ha accusato il governo di “arrendersi al Pakistan”. Il primo ministro è stato accusato anche per aver permesso d’introdurre nella dichiarazione comune un accenno al Belochistan (parte del Pakistan dove atti di terrorismo sono attribuiti ad infiltrati indiani). Il capo dell’opposizione nel Rajya Sabha (senato), Arun Jaitley, ha detto ad AsiaNews: “Permettendo al Pakistan di fare riferimento al Balochistan nella dichiarazione comune si permette una fonte perenne di vessazione per l’India e si dà al Pakistan l’opportunità di fare accuse infondate su agenzia indiane fanno ricorso al terrore”.
I giornali indiani insinuano che dietro questo cedimento dell’India e concessioni sul terrorismo ci sia la mano degli USA. Non è certo una coincidenza che Hillary Clinton, segretario di Stato USA, sia arrivata in India proprio in questi giorni a dare una mano a Manmohan Singh. Sbarcata a Mumbai ha affermato che “deve esserci giustizia per le vittime del 26/11” e si è detta preoccupata che sinora non ci sono stati né giustizia né processo: “il Pakistan deve perseguire ogni gruppo terroristico”. Anche il Pakistan ha dato qualche segno di cambiamento. Ha riaperto sabato, a Rawalpindi, il processo, che era stato sospeso da due mesi, dei cinque capi LeT accusati di aver pianificato l’attacco in Mumbai del 26/11. Il procedimento è stato poi aggiornato al 25 luglio. Questo sviluppo fa pensare che il Pakistan abbia accettato, nel dossier consegnato all’India la scorsa settimana, l’ipotesi che Zakiur Rehman Lakhvi sia stato l’ideatore del massacro di Mumbai e che Ajmal Amir Kasab, arrestato in Mumbai, sia un suo cittadino. Islamabad è stata capace di presentarsi come sincera nel combattere i talebani e di presentare la battaglia nello Swat come prova.
L’America insiste con l’India perché allenti la pressione sul fronte orientale del Pakistan. Fonti indiane hanno fatto osservare che nelle dichiarazioni in Egitto non si parla mai del Kashmir che pure rappresenta il problema principale nelle relazioni delle due nazioni. Per questa ragione il giornale pakistano molto influente, Dawn, ha potuto scrivere: “La dichiarazione comune si scosta molto dal tono retorico di questi mesi, specialmente dalla linea dura tenuta da New Delhi. Ma anziché ritenere questo sviluppo una specie di vittoria del Pakistan, faremmo meglio a salutare il tempestivo riconoscimento da parte dell’India che il terrorismo militante non deve impedire il miglioramento delle relazioni”. La conclusione del giornale è che “gli uomini politici hanno avuto successo là dove i burocrati hanno fallito”. C’è solo da sperare che i terroristi non tornino a rovinare la buona volontà delle due nazioni.
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