19/06/2008, 00.00
MEDIO ORIENTE
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Speranze di pace dietro la fragile tregua tra Israele e Hamas?

di Paul Dakiki
L’accordo entrato in vigore questa mattina, appare far parte di una serie di iniziative di Olmert rivolte verso tutti i vicini, dalla Siria al Libano, allo stesso Hezbollah. Per il re di Giordania sarebbe “un errore grave” far passare quest’anno senza dar vita allo Stato palestinese accanto ad un Issale “sicuro e riconosciuto”.
Beirut (AsiaNews) – E’ entrata in vigore alle 6 di oggi - preceduta due ore prima da un raid aereo israeliano - la tregua di sei mesi tra lo Stato ebraico e Hamas. Tregua quanto mai fragile, “ultima occasione” per Hamas, nelle parole del premier israeliano Ehud Olmert, che in questi giorni sembra particolarmente impegnato a cercare strade di pace con i suoi vicini. Difficile dire quanto ciò sia dovuto alle pressioni di Bush che vuole segnare con un profondo cambiamento del Medio Oriente la conclusione del suo mandato presidenziale od alla difficile situazione dello stesso Olmert, coinvolto in pesanti accuse di corruzione.
 
Resta il fatto che qualcosa sembra muoversi, pur se appeso a fili sottilissimi. La tregua con Hamas, mediata dall’Egitto, giunge infatti all’indomani della pubblicizzazione dei colloqui con la Siria, mediati, questi, dalla Turchia - e con la prospettiva di un incontro diretto tra Olmert e il presidente siriano il mese prossimo a Parigi - della richiesta di “dialogo” con Il Libano e di tentativi di scambio di prigionieri con Hezbollah. E’ praticamente l’elenco dei nemici antichi e nuovi di Israele.
 
Da parte araba si registrano apertura e cautela da parte siriana, dichiarazioni di principio dei libanesi e tentativi di strumentalizzazione politica del Partito di Dio. Molte mosse appaiono in gran parte dovute. Così è, da ultimo, per le affermazioni dell’ufficio del primo ministro incaricato libanese, Fouad Siniora, che ieri ha respinto l’idea di un negoziato avanzata da Israele per le Fattorie di Shebaa – una trentina di chilometri quadrati al confine tra Israele, Siria e Libano – occupate dallo Stato ebraico. “Non c’è spazio per negoziati bilaterali”, afferma la dichiarazione, che richiama le prese di posizione dell’Onu sull’obbligo di Israele di ritirarsi dal territorio libanese. Con Hezbollah in casa non poteva esprimersi diversamente. La stessa nota, però, si riferisce al piano arabo per una pace “omnicomprensiva e giusta”.
 
Significativo, in questo quadro, quanto affermato da uno che la pace con Israele l’ha già fatta. Re Abdullah di Giordania, ha aperto ieri a Petra la conferenza che riunisce 29 premi Nobel. Fra loro c’è il presidente israeliano Simon Peres. “Sarebbe un grave errore – ha detto re Abdullah – perdere l’opportunità che abbiamo quest’anno di dar vita, finalmente, ad uno Stato palestinese sovrano, indipendente e vivibile, accanto ad un Israele sicuro e riconosciuto”.  “Il Medio Oriente – ha aggiunto – può uscire da questa zona di pericolo. Il passo più importante è la pace, un accordo generale sul conflitto arabo-israeliano”. E’ il tasto su cui battono i Paesi arabi “moderati” e che ha all’origine un piano saudita. Ma su questo da Israele non arrivano risposte.
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