Solo il tempo permetterà di valutare il viaggio della Rice in Medio Oriente
Beirut (AsiaNews) Sarà il tempo a dire se l'appena concluso viaggio di Condeleezza Rice in Medio Oriente ha raggiunto i suoi obiettivi di lanciare di un'alleanza de facto tra i governi moderati sunniti Arabia Saudita, Giordania, Egitto e Paesi del Golfo - e di dare sostegno al presidente palestinese Mahmoud Abbas.
Se il rilancio dell'alleanza strategica con i regimi "moderati" ma autoritari sunniti è divenuto pressante di fronte al crescente peso iraniano nella regione ed anche all'interno della maggioritaria comunità sciita irachena, l'aiuto al presidente dell'Anp nel suo braccio di ferro con Hamas per la formazione di un nuovo esecutivo - che riconosca Israele e gli accordi internazionali già conclusi dai precedenti esecutivi palestinesi è un elemento cruciale per il progetto di "un nuovo Medio Oriente" che l'amministrazione Bush si propone.
In questa fase, gli incontri con la leadership israeliana e con lo stesso Abbas avevano l'obiettivo, dichiarato alla vigilia, di rendere nuovamente possibili gli spostamenti di uomini, cibo, medicine e petrolio necessari per alleggerire la terribile crisi economica che rende reale il rischio di implosione sociale della Striscia di Gaza. Una dichiarazione ottimistica su tale questione era stata resa dal portavoce del dipartimento di Stato, Sean McCormack. Alla fine, Israele ha promesso di riaprire a "intervalli regolari", che però non ha specificato, il valico di Karni, principale punto di passaggio per uomini e merci, ed anche quello di Rafah verso l'Egitto. Sempre per alleviare la crisi di Gaza, i giornali israeliani avanzano l'ipotesi che il governo Olmert si prepara a sbloccare almeno in parte i fondi dovuti ai palestinesi per le tasse doganali.
Nei commenti della stampa mediorientale sono "limitate concessioni israeliane".
Seppur con cautela, la Rice è anche entrata nel confronto in atto tra Abbas e Hamas, quando ha auspicato la costituzione di un governo "capace di rispondere ai bisogni del popolo palestinese". Frase che ha suscitato la dura reazione del movimento islamico, che ha accusato il presidente dell'Anp di prepararsi a indire nuove elezioni per sostituire il suo governo. La prospettiva di nuove elezioni in Palestina per uscire dall'attuale situazione di stallo è stata peraltro evocata anche dal presidente egiziano Hosni Mubarak.
A questo punto, secondo un'analisi dello statunitense Israel Policy Forum - che raccoglie ex ambasciatori statunitensi in Medio Oriente, consiglieri degli ultimi quattro presidenti, ex funzionari del Dipartimento di Stato e ricercatori universitari gli Stati Uniti se vogliono riuscire nel loro obiettivo debbono compiere "cinque passi significativi".
- Mediare una completa cessazione delle ostilità tra Israele e palestinesi, che comprenda la restituzione di Gilad Shalit, il caporale israeliano rapito, la fine degli attacchi terroristici contro Israele e delle incursioni e degli omicidi mirati nei Territori;
- Prestare attenzione a ciò che il governo palestinese fa e non a ciò che dice;
- Cooperare con "l'iniziativa saudita" come viene chiamato il progetto di pace sostanzialmente basato sul rientro di Israele, che verrebbe riconosciuto dai Paesi arabi, nei confini del 1967 e sul diritto al ritorno dei palestinesi anche qualora venisse presentata in sede Onu;
- Riprendere i contatti con la Siria per saggiare le intenzioni del presidente Assad. Anche se appare difficile staccare il regime baathista dall'alleanza con Iran ed Hezbollah, ci sono le condizioni per compiere un tentativo;
- Rafforzare il governo libanese. E' un obiettivo per il quale è essenziale coinvolgere la Siria. L'analisi indica anche due strumenti per il rafforzamento del governo: convincere Israele a ritirarsi dalle contese Fattorie di Shebaa e compiere uno scambio di prigionieri direttamente col governo, nel quale non appaia il ruolo di Hezbollah.