Solidarietà e proteste per l'ostaggio cristiano rapito in Iraq
Seoul (AsiaNews) È ancora vivo Kim Sun-il, il giovane sud-coreano rapito in Iraq da un gruppo fondamentalista, alla scadenza dell'ultimatum con cui i sequestratori avevano minacciato di decapitarlo. La notizia del rapimento e il video con l'ostaggio terrorizzato trasmesso dalla televisione Al-Jazeera hanno suscitato shock, angoscia e reazioni tra la popolazione sud-coreana. Anche i cristiani sono rimasti scossi. La famiglia di Kim ha detto che il giovane era protestante e voleva fare il missionario nei Paesi arabi.
Fonti di Asianews a Seoul affermano che la popolazione ha iniziato una maratona di solidarietà per Kim e la sua famiglia, che si intreccia con proteste e richieste al governo di rinunciare a inviare altri 3mila soldati in Iraq. Ogni sera, alle 19, molta gente partecipa a una fiaccolata nella zona di Kwanhwamoon, vicino all'ambasciata americana, divenuta un luogo tradizionale per fare dimostrazioni pacifiche. Stasera, in una chiesa protestante nel quartiere di Kangnam vi sarà una preghiera per la pace e il ritorno a casa del giovane. Il 26 giugno, nel quartiere centrale di Myongdong, si terrà una manifestazione di alcuni politici contro l'invio di altre truppe in Iraq. Secondo il Consiglio nazionale delle chiese coreane (KNCC) un'organizzazione ecumenica che riunisce diverse denominazioni protestanti il sequestro riguarda tutti, perché chiunque potrebbe essere preso in ostaggio come Kim, quindi sarebbe meglio non inviare altri militari in Iraq. Il governo di Seoul dichiara di non voler scendere a compromessi con i terroristi e non desiste dall'intenzione di inviare altri 3mila soldati in Iraq da impegnare nella ricostruzione.
La guerra in Iraq ha spaccato l'opinione pubblica sud-coreana, in parte contraria all'invio di truppe sud-coreane già lo scorso ottobre. sull'onda emotiva del sequestro di Kim, i sondaggi di oggi rivelano che il 63,2% dei sudcoreani si oppone al nuovo dispiegamento delle truppe. Nell'ottobre scorso il 48% era favorevole al dispiegamento e il 47,4% contrario.
"Anche se non si è pronunciata ufficialmente, la Chiesa cattolica sud-coreana è stata sin dall'inizio contraria all'invio di militari in Iraq ed è favorevole a un ritiro di quelle già presenti sul territorio iracheno", sostiene suor Maria Yim, religiosa sud-coreana delle Suore di Gesù Buon Pastore a Seoul.
Kim Sun-il, 33 anni, ha studiato l'arabo per fare il missionario in Medio Oriente. Nativo della città sud-orientale di Pusan, dove vive ancora la sua famiglia, si è diplomato in teologia in un seminario locale e si è laureato in arabo all'Università Hankuk di lingue straniere di Seoul. I genitori dicono che doveva essere presto ordinato pastore, per poi partire in missione. Si era recato a Baghdad per lavorare come traduttore della Gana General Trading Company, una ditta coreana che fornisce cibo e uniformi all'esercito americano.
In Corea del Sud, la maggioranza della popolazione circa il 40% - è cristiana; i cattolici sono circa il 10%. I protestanti hanno una presenza molto capillare nel territorio, perfino nelle più remote aree rurali, e sono anche molto impegnati nell'attività missionaria in Cina e nel Medio Oriente. (MR)