Sinodo per il Medio Oriente: annunciare il Vangelo nei Paesi islamici
L’Instrumentum laboris in preparazione chiede per i cristiani la stessa libertà che hanno i musulmani nell’annunciare l’Islam. Riproposta la visione vaticana dei “due popoli, due Stati” per Israele e Palestina. Risposta anche dal mondo ebraico. Tre cardinali fra i presidenti.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Il dialogo dei cattolici con l’Islam ha bisogno di grande apertura reciproca, ma anche di piena libertà religiosa per i cristiani nel mondo islamico, compreso il diritto di annunciare il Vangelo. Lo affermano vari esperti in piena attività per la stesura dell’Instrumentum laboris (IL) del Sinodo dei vescovi per il Medio oriente, che si terrà in Vaticano dal 10 al 24 ottobre 2010. Intanto, Benedetto XVI ha nominato i presidenti e i relatori del raduno.
Nel documento in preparazione un’ importante tematica messa a fuoco è quella del dialogo con l’Islam. Esso necessita di grande amicizia, ma nello stesso tempo di grande chiarezza. È necessario infatti sottolineare l’urgenza di attuare una vera libertà di religione, col diritto ad annunciare il vangelo nei Paesi islamici, allo stesso modo in cui i musulmani hanno diritto ad annunciare l’Islam.
L’IL, ottenuto dall’integrazione fra i Lineamenta e le risposte venute dalle diverse parti del mondo, sarà pubblicato in occasione della visita di Benedetto XVI a Cipro nel prossimo giugno.
A differenza di altri Sinodi, che hanno avuto una preparazione molto più lunga, questo del Medio oriente sta avendo una preparazione più breve, forse dettata dall’urgenza della situazione. Esso è stato indetto subito dopo il viaggio di Benedetto XVI in Terra Santa, lo scorso maggio e il documento di lavoro (Lineamenta) è stato pubblicato lo scorso 19 gennaio. Secondo gli esperti le risposte giunte sono state numerose (almeno 200 pagine). Molte risposte provengono da Iraq, Egitto, Siria.
Di particolare interesse quelle dalla Terra Santa (Israele e Palestina), che riguardano in particolare il rapporto con il mondo ebraico. Le Chiese – si dice – sono “troppo arabe” e vivono troppo poco la testimonianza nel mondo ebraico (e israeliano). Alcuni sottolineano il valore della riscoperta delle radici ebraiche della fede cristiana.
Il documento in preparazione ripropone la visione di Benedetto XVI e del Vaticano di “due popoli; due Stati” per Israele e Palestina, che possano vivere nella sicurezza e nella pace all’interno dei loro confini, eliminando la violenza come modo di risolvere le dispute.
Fra le risposte giunte alla segreteria, ve n’è anche una dal mondo ebraico; nessuna dal mondo musulmano.
Il 24 aprile scorso Benedetto XVI ha scelto i responsabili del Sinodo. Delle personalità scelte come presidenti, tre sono cardinali: Nasrallah Sfeir, patriarca maronita del Libano; Emmanuel Delly, patriarca caldeo di Baghdad; Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali. Insieme ad essi vi è anche il patriarca siro-cattolico Ignace Youssif Younan. Quest’ultimo è il più giovane del gruppo della presidenza (66 anni), ma ha grande esperienza e un’esperienza internazionale, avendo studiato in America.
Il relatore generale, che farà l’esposizione iniziale e globale per il Sinodo, è il patriarca di Alessandria dei Copti, mons. Antonios Naguib; il segretario speciale sarà mons. Joseph Soueif, arcivescovo maronita di Cipro.
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