14/01/2010, 00.00
VATICANO – MEDIO ORIENTE
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Sinodo delle Chiese del Medio Oriente: ritornare alla missione e al dialogo

di Louis Sako*
Secondo l’arcivescovo di Kirkuk (Iraq), fra gli ispiratori del Sinodo, per salvare la presenza dei cristiani nel mondo islamico mediorientale è necessario anzitutto un rinnovamento dell’identità originaria della Chiesa: non come gruppo cultuale ed “etnico”, ma adesione matura alla fede. Occorre maggiore unità fra i cristiani, divisi in innumerevoli gruppi e tradizioni. E un dialogo maturo con le comunità islamiche, mostrando loro l’importante contributo dei cristiani nella storia passata e presente della cultura araba.
Kirkuk (AsiaNews) – I cristiani d’Oriente diminuiscono a causa di guerre, migrazioni, mancanza di nascite, espansione dell’islam e divisioni all’interno della comunità. Le minacce e le pressioni a vendere i terreni e le case, acquistate da musulmani con il sostegno – anche economico – dei fondamentalisti, lascia supporre che il Medio oriente è destinato a svuotarsi della presenza dei cristiani.
 
Il Sinodo delle Chiese del Medio oriente può aiutarci ad evitare questo destino se andiamo alle radici della crisi.
 
La Chiesa primitiva (che era medio-orientale) era vicina alla gente e ha presentato il messaggio evangelico uniformandosi alla cultura delle persone, annunciando la fede nella loro lingua, di modo che il messaggio fosse attraente ed efficace. Il ruolo profetico della Chiesa si è manifestato e ha operato nella verità e la gente ha saputo trarne un senso per la propria vita e un segno di grande libertà e dignità. Per questo, tanti si sono convertiti e hanno deciso di abbracciare il cristianesimo.
 
Oggi la presenza cristiana è una presenza cultuale, una presenza storica e legata alla tradizione, una identità etnica secondo il sistema del millet, che costituisce una forma perfezionata dell’istituto islamico della dhimma [il patto di “protezione” per i non musulmani, che rendeva cristiani ed ebrei cittadini di seconda classe – ndr]. Le Chiese apostoliche hanno però perso l’entusiasmo delle origini nell’opera di testimonianza: il ruolo profetico, l’amore e lo zelo per l’annuncio del Vangelo agli altri.
 
Il futuro della comunità dipende da diversi fattori, due dei quali rivestono una importanza fondamentale: il rapporto fra cristiani, cioè il rapporto fra le varie Chiese; il rapporto con i musulmani.
 
I rapporti fra i cristiani
 
I cristiani di oggi devono preoccuparsi di promuovere, in modo continuo e influente, una cultura di amore e dialogo, dell’apertura e della diversità. Ai nostri giorni le divisioni marcano in modo forte e negativo la loro presenza e la loro testimonianza. Il rapporto fra le varie chiese vive un momento di difficoltà e sembra compiere passi all’indietro.
 
La Chiesa è la comunità dei credenti che guardano a Cristo e testimoniano l’annuncio della Buona Novella, che si rinnova di continuo. La Chiesa non può limitarsi ad essere un’entità sociologica, etnica o culturale... La predicazione del Vangelo tende all’accoglienza della Buona Novella con l’impegno di viverla e correggere i comportamenti errati. Il battesimo diventa il coronamento del cammino di fede. Questo va fatto non solo con l’elite, ma anche con la gente semplice.
 
La maggior parte delle Chiese in Medio Oriente sono piccole Chiese e vivono una crisi di identità a causa della loro duplice appartenenza (e cioè: l'identità etnica di natura politica, sociale e culturale, e quella legata all’universalità della sua missione). E i gruppi di Chiese evangeliche: le chiamiamo Chiese in modo nominale o hanno radice nella tradizione?
 
Abbiamo bisogno di una seria autocritica e di riconsiderare la nostra realtà e la nostra missione. I futuro dipende dalla nostra cooperazione e dal nostro servizio, dalla nostra testimonianza. Siamo una sola famiglia, dobbiamo superare le barriere che ci dividono. Siamo uniti nella Parola di Dio, abbiamo la stessa professione di fede, nonostante le differenze di natura formale e, in genere, gli stessi sacramenti. Arricchiamo insieme e approfondiamo le peculiarità della nostra fede nell’amore di Dio, nel perdono, nella gioia che deriva dall’accoglienza.
 
Tutti abbiamo bisogno di essere pazienti e di imparare a leggere la storia, valutare in modo imparziale i fatti senza emozioni. La vera strategia è quella di lavorare insieme: cristiani di Libano, Egitto, Iraq, Siria, Giordania e Palestina. Anche i partiti politici cristiani sono divisi e in conflitto fra loro; essi devono unirsi per sostenere la presenza cristiana, altrimenti il nostro destino sarà di pianto e lamento davanti alla nostra terra.
 
Il dialogo con l’islam
 
Oggi è evidente l’affermazione dell’islam politico. Esso ha reso centrale tale identità religiosa in Medio Oriente. Tale identità ha fatto passare in secondo piano l’ideologia nazionalista araba (la umma) e deriva la partecipazione politica dai principi dell’islam.
 
Le Chiese cristiane insieme e non isolate devono affrontare questa realtà per dialogare e stabilire regole di convivenza civile.
 
Con l’islam il dialogo è la sola regola civile ed efficace per interagire con tutti, valorizzando quanto costruito nel corso della storia soprattutto neI periodi degli ommiadi (7° - 8°secolo) e degli abbassidi (8°-13° secolo).
 
I cristiani hanno l’obbligo oggi di offrire approcci teologici della fede in un linguaggio nuovo e comprensibile, sulla linea della teologia biblica piuttosto che in un linguaggio filosofico classico.
 
In questo dialogo essi devono poter dimostrare il contributo da essi dato alla civiltà araba e islamica, che la storia di queste regioni non è interamente islamica, ma pluralista, e far riconoscere che questo fattore cristiano e arabo è una fonte di arricchimento e non di impoverimento. Essi devono indicare con chiarezza che non hanno avuto alcun rapporto con i crociati quando invasero l’Oriente; né con le potenze coloniali, che hanno invaso i Paesi arabi senza tenere contro della carta nazionale; né sono con le forze di occupazione in Iraq e Afghanistan; essi hanno sempre sostenuto la causa dei palestinesi. Questi punti sono molto importanti a livello di sensibilizzazione del pubblico musulmano.
 
Il dialogo resta l’unico modo di risolvere le divergenze e ripristinare la sicurezza e la stabilità. L’apertura dei cristiani, le loro qualifiche e competenze, possono essere utili per i musulmani. Per questo bisogna favorire:
 
a) l’adozione di nuovi programmi di istruzione religiosa, basati sulla tolleranza e l’accettazione del prossimo, rinunciando a ogni forma di violenza.
 
b) assicurare che tutti siano uguali davanti alla legge e pari diritti - senza alcuna discriminazione di tipo razziale, religiosa o sessuale, di emarginazione – ciò che crea fiducia e migliora la convivenza, rafforzando il senso di responsabilità di ogni individuo.
 
c) l’impegno a promuovere e incoraggiare la solidarietà con poveri ed emarginati, qualunque sia la loro razza, colore, religione, superando le ingiustizie e i torti subiti.
 
* Arcivescovo di Kirkuk
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