16/08/2024, 08.45
SINGAPORE - CINA
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Singapore: il dibattito sulla lingua e i timori di perdere l’identità (cinese)

di Steve Suwannarat

Nella città-Stato riemerge con forza la “questione” legata all’idioma. L’avanzata dell’inglese rischia di oscurare le altre lingue, a partire da quella cinese ampiamente maggioritaria. Le politiche per favorire il bilinguismo, che nella pratica si vanno perdendo. Il 61% dei genitori sotto i 35 anni usa in casa prevalentemente l’inglese coi propri figli. 

Singapore (AsiaNews) - A Singapore il dibattito periodicamente riproposto sulla “questione della lingua” si intensifica. Davanti all’avanzata dell’inglese, promosso come lingua di uso primario dell’istruzione, nel mondo del lavoro e nel corporate, si teme si vada verso una uniformità linguistica che non significa comunque uguaglianza ma che apre al rischio di perdita sul territorio delle lingue parlate dalle diverse componenti etniche. E, tra queste ultime, quella cinese risulta essere ampiamente maggioritaria.  

Davanti a questa situazione si sono moltiplicate nel tempo le iniziative comunitarie per consentire il bilinguismo dei giovani fin dalla più tenera età, a partire dall’uso dei diversi idiomi in famiglia. Tuttavia, questa condizione sancita dalla Costituzione per le diverse comunità cinese, malese indiana rispettivamente di lingua cinese mandarina in una versione prettamente singaporeana, malay e tamil va perdendosi. Fra le cause, in molti puntano il dito contro lo scarso impegno delle autorità e una istruzione pubblica indirizzata anzitutto a beneficiare la realtà economica e l’apertura internazionale. D’altra parte l’inglese è da decenni fra le lingue oggetto di insegnamento e le giovani generazioni, come altrove, lo trovano uno strumento ormai indispensabile di comunicazione all’interno e verso l’estero.

Uno studio del 2020 commissionato dall’Institute of Policy Studies che riguardava la situazione di razza, religione e lingua a Singapore ha mostrato che il 61% dei genitori sotto i 35 anni usa in casa prevalentemente l’inglese con i propri figli; di contro, fra i genitori oltre i 50 anni ne fanno uso solo al 45%. Dati che giustificano, ma anche rafforzano, un uso sempre più diffuso dell’inglese sentito come lingua propria all’interno delle comunità cinese o indiana. Diverso il caso dei malesi (14% della popolazione) che nell’uso del malay trovano ancora un elemento identitario.

Ovviamente l’inglese è anche l’idioma più usato nelle famiglie miste che in esso trovano una possibilità di comunicazione senza intermediari. Un atteggiamento “pragmatico” che spesso è utile a coprire una conoscenza non più precisa della lingua di origine. L’assegnazione obbligatoria di una lingua in base all’etnia sembra essere vista sempre più come parte del curriculum di studi obbligatorio di 12 anni, una materia fra le altre ormai in parte disconnessa dalla realtà quotidiana fuori e spesso anche dentro casa.

“Senza una vera motivazione, pratica e uso regolare la conoscenza della lingua madre sviluppata sui libri di scuola è ovviamente limitata”, conferma Susan Xu Yun, responsabile del Programma per la traduzione e l’interpretariato dell’università di Scienze sociali di Singapore. D’altra parte, se togliere l’obbligatorietà dello studio dei vari idiomi di origine potrebbe segnare un declino definitivo del loro utilizzo privato e pubblico, innalzerebbe l’inglese, con le sue caratteristiche locali, a ruolo di lingua nazionale.

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